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"ATTI ILLEGITTIMI"
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Capaccio, bando chioschi: gruppo Pd chiede la sospensione
Comunicato Stampa
24 luglio 2014 13:10
Eye
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CAPACCIO PAESTUM. In merito al bando di gara per l’assegnazione di concessione di spazi di area pubblica per l’installazione di chioschi per attività commerciali, riceviamo e pubblichiamo integralmente, l’interrogazione a risposta scritta, con richiesta di sospensione della gara, inoltrata al sindaco di Capaccio Paestum, Italo Voza, dai componenti del gruppo Pd di opposizione, composto dai consiglieri comunali Pasquale Cetta, Nino Pagano e Franco Tarallo (nella foto):
“I sottoscritti Pasquale Cetta, Carmelo Pagano e Franco Tarallo, Consiglieri comunali, con la presente in autotutela rivolgono alle SS.LL. in indirizzo formale interrogazione a risposta scritta e richiesta di sospensione della gara in oggetto, per quanto in seguito motivato e per sapere, premesso che:
(a) il nostro comune è attraversato da una drammatica crisi dei consumi ben più che in altre aree del Paese, dovuta in parte alla recessione economica in atto, in parte ad errate scelte di politica amministrativa comunale;
(b) la crisi dei consumi non si combatte con la implementazione dell’offerta commerciale in termini di semplice proliferazione dei punti vendita, ma con un nuovo slancio da dare prima di ogni cosa alle attività produttive e ai servizi di supporto che ne determinano un incremento della domanda;
(c) il Bando di cui all’oggetto in corso di pubblicazione da il via solamente all’incremento di nuovi punti vendita, senza alcuna strategia di opportunità concreta di successo commerciale per gli stessi assegnatari che saranno comunque obbligati ad assumere nuovi investimenti con consistenti impegni di spesa. Una politica così fatta non può che determinare una concorrenzialità “tra poveri” che fatalmente condurrà presto alla loro uscita dal mercato;
(d) molti cittadini hanno manifestato aperto dissenso per l’articolazione del Bando di cui trattasi e in particolare per alcune evidenti incongruenze che muovono forti dubbi sulla legittimità degli atti adottati e posti in essere dal procedimento;
(e) dall’esame dell’atto deliberativo, del regolamento allegato e dal Bando di gara pubblicati, gli scriventi intendono far rilevare come in effetti evidenziano con la presente in autotutela, che:
1. come riportato nell’apposita tavola (Tav. 1) allegata al Regolamento di cui all’atto deliberativo consiliare e nei testi di regolamento e di Bando, le zone individuate sono indicate genericamente e tali da non consentire una precisa individuazione dei siti, delle aree o spazi dove l’amministrazione comunale intende autorizzare l’effettivo posizionamento dei chioschi, secondo criteri oggettivi derivanti da analisi e ricerche di settore. Gli atti adottati e le estreme dimensioni degli ambiti individuati senza l’indicazione delle sole aree nelle disponibilità del comune, pongono in essere e rendono efficace un’azione amministrativa palesemente generica quanto presumibilmente discrezionale, tale da implicare evidente possibile disparità di trattamento tra i soggetti partecipanti. Né per la sistemazione dei chioschi può ipotizzarsi l’uso di suoli privati stante il negozio della concessione di suoli nella proprietà o nella disponibilità della pubblica amministrazione di cui se ne devono conoscere preliminarmente i riferimenti catastali e le ubicazioni planimetriche, stante il diretto riferimento al D. Lgs n. 507/93, regolante il canone per la concessione degli spazi e aree pubbliche. A conferma di quanto innanzi rappresentato risulta esplicitato dalla circostanza che non sono indicati nel Bando neanche i criteri di massima a cui i partecipanti dovrebbero attenersi per una precisa e inequivoca ubicazione stante l’assenza di documentazione grafica che ne possa adeguatamente indicare gli spazi. La proposizione di ambiti così ampi dimostra la completa assenza di una qualche strategia da parte dell’amministrazione comunale, anzi la completa assenza di idee e di obiettivi;
2. Nella medesima tavola planimetrica allegata al Regolamento approvato con la Delibera di Consiglio Comunale n. 8/2014, costituente unico supporto di riferimento tecnico unitamente al modello-tipo di chiosco (Tav. 2) riportato con indicazione precisa delle dimensioni e delle relative quote, è specificato il numero dettagliato delle strutture previste per ciascuna area o zona territoriale di riferimento pari ad un totale di ben trentuno chioschi contro i soli quindici riportati nel Bando e meglio esplicitato nel quadro riassuntivo di riferimento. Tale circostanza o scaturisce da una autonoma disposizione del funzionario incaricato non riscontrabile in alcun atto amministrativo pubblicato, o un palese contrasto tra Regolamento approvato dal Consiglio Comunale e Bando pubblicato: nell’uno o altro caso, il procedimento mostra una evidente incongruenza che comporta e implica una evidente illegittimità insita negli atti e nelle procedure.
3. Nella tavola planimetrica di cui al Regolamento approvato con la Delibera di Consiglio Comunale n. 8/2014 e nel Bando ancora in corso di pubblicazione, è indicata la Zona “Paestum Nuova” non riconducibile a toponimi esistenti né ad atti amministrativi che ne contemplino il nome e il relativo riferimento territoriale o di ambito. Tale aspetto rafforza le motivazioni addotte a delineare le incongruenze e la irregolarità degli atti amministrativi adottati, per le quali si manifesta la illegittimità di questi ultimi rendendo nulle le attività fino ad oggi poste in essere dalla pubblica amministrazione.
4. al punto 5.5. è richiesto ai soggetti proponenti di allegare in busta chiusa le copia del bando, del regolamento e dello schema di convenzione sottoscritti in ogni pagina, quando sarebbe stato sufficiente una dichiarazione di accettazione da comprendere nella stessa domanda ovvero da riportare con dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Tale richiesta appare tanto zelante quanto superflua, utile solo ad appesantire l’onere della partecipazione e a implicarne possibilità di esclusione per errori o possibili omissioni e non semmai una larga partecipazione.
5. con riferimento al quadro riassuntivo compreso nel bando con il quale si rappresentano zone, numero, localizzazione e categorie merceologiche ammesse, non è indicata alcuna prevalenza della categoria merceologica nel caso ne sia indicata più di una in riferimento per un solo chiosco in una determinata area, né sono indicati i criteri di valutazione per l’assegnazione dei punteggi dal momento che al punto 5.6. - 1.1. è richiesta “l’indicazione espressa della categoria merceologica che si intende svolgere ..:”, quindi una sola e in via esclusiva;
6. è richiesto ai partecipanti di presentare progetti e particolari costruttivi di un modulo già individuato, proposto e dato per invariante, senza alcuna possibilità di apportare modifiche nella sostanza o nella forma, stante quanto indicato al punti 5.6.-1.5. e 5.6. lettere c) ed e) tra le evidenze. Se lo spirito a base della norma concorsuale è quello di attenersi ad un modello unico e invariabile, proposto con un progetto definitivo rappresentato con dovizia di dettagli e magnanimo di dimensioni e quote, perché allora chiedere un progetto e indicare tutta una serie infinita di particolari e illustrazioni tecniche con evidente aggravio di spese per i cittadini? Tanto gli scriventi interrogano dal momento che non sono indicati i criteri posti nella facoltà dei soggetti richiedenti, dati nella possibilità di essere adottati e tali da costituire concreto elemento di valutazione per l’assegnazione dei punteggi. Una tale evidente carenza del dispositivo concorsuale, rappresenta ancora una volta un’azione amministrativa palesemente discrezionale che implica evidente possibile disparità di trattamento tra i soggetti partecipanti;
7. al punto 5.6. - 1.1. è richiesta “la dichiarazione di responsabilità in ordine all’idoneità igienico-sanitaria della struttura ed alla sua conformità alla normativa dell’abbattimento delle barriere architettoniche e in materia di sicurezza nonché all’assenza di divieti e vincoli in ordine alla collocazione della struttura e l’indicazione …”. Considerato che è l’ente pubblico a proporre la disponibilità per l’utilizzo di aree per le quali è richiesto il pagamento di un canone, tali dichiarazioni appaiono a dir poco incongruenti. Allo stesso modo è richiesta l’indicazione dei dati catastali, così come “... l’indicazione dei punti di allaccio alle reti dei sottoservizi (energia elettrica, metano, acquedotto, fognatura, rete dati ecc.) …”, quando in buona sostanza, spetta alla pubblica amministrazione specificare o indicare con estrema chiarezza e inequivocità interpretativa, gli estremi catastali delle aree e gli spazi messi in concorso, allo stesso modo i punti di allaccio dei sottoservizi qualora presenti e loro tipologia, quindi le zone con presenza di divieti o comunque sottoposte a particolari norme, prescrizioni o divieti dal momento che l’area si presume essere di sua proprietà o che comunque ne abbia disponibilità, tanto da richiederne poi un canone. Come per assurdo, un privato volesse affidare in locazione un’abitazione di sua proprietà e chiedesse al locatario di dichiarare in suo conto che è servito da impianti di rete, che gli stessi sono a norma o che sull’alloggio non vi siano vincoli o ipoteche e quant’altro. Stante quanto innanzi, andrà riconosciuto che siamo in presenza di una carenza di dispositivo concorsuale o comunque di norme e condizioni non appropriate né giuridicamente valide, tanto da rappresentare un’azione amministrativa palesemente poco chiara, carente e discrezionale che implica evidente possibile disparità di trattamento tra i soggetti partecipanti.
8. Al punto 5.7. “offerta economica” è richiesto di indicare un’offerta a rialzo del valore del canone, senza specificare un limite che possa essere di garanzia per il rispetto di soglie legittimamente riscontrabili e tali da non rappresentare offerte anomale o comunque di difficile raffronto tra le offerte medesime.
9. Al punto 5.7., in riferimento alla “proposta tempo” è richiesto ai partecipanti di “...indicare in cifra e lettere la riduzione percentuale sul tempo di durata della concessione ...” quando è immediatamente dopo specificato che il tempo di durata del canone “... È pari ad anni 20”. Quanto innanzi, lascia intendere che probabilmente è interesse dell’Ente affermare il principio secondo cui la pubblica amministrazione abbia più interesse a ridurre i tempi di durata della concessione che non a dare la possibilità di ammortizzare investimenti posti a carico degli aggiudicatari, stante l’entità del punteggio assegnato e il principio della cessione al patrimonio dell’Ente qualora ne manifesti la volontà a termine del periodo di validità della concessione. Senza peraltro nulla specificare se l’acquisizione è da iscrivere al patrimonio disponibile o indisponibile dell’Ente e a quale titolo avviene il trasferimento del bene alla pubblica amministrazione.
(c) gli scriventi, tuttavia, non possono ancora non rappresentare quanto anticipato innanzi e quanto lamentato da numerosi cittadini che hanno mosso perplessità e doglianze nel merito delle procedure seguite. Intanto va tenuto presente che nell’ambito territoriale di Capaccio insistono aree in cui l’offerta dei servizi previsti dal bando è assicurata dagli esercizi commerciali preesistenti e aree che ne sono completamente o parzialmente sprovviste. Apparirebbe logico che l’installazione di nuove strutture per attività commerciali vada ad interessare solo queste ultime, altrimenti si andrà a procurare un duplice danno sia a chi già opera in un esercizio preesistente che al nuovo esercente, i quali alla fine saranno entrambi condotti inesorabilmente alla rovina. Né dalla documentazione presentata dall’ufficio, è dato di conoscere in maniera esaustiva zona per zona, quegli elementi che possano illuminare sulle reali esigenze di nuove attività calcolate secondo parametri precisi ed inoppugnabili (volume presumibile d’affari, frequentazione abituale e derivante da incrementi per flussi stagionali, ecc.). Quanto sopra anche allo scopo di evitare nuove installazioni di attività commerciali su aree già servite da esercizi commerciali, con gli incalcolabili danni sopra accennati, a meno di interessi o valutazioni diverse che al momento possono sfuggire alla comprensione degli scriventi e dei cittadini. Nel caso di un borgo o di una zona dove vi sia già un’unica attività commerciale preesistente, è risaputo che nel migliore dei casi a malapena riesce a sbarcare il lunario, pur assicurando un importante servizio a quella piccola comunità di residenti. Da un esame dello schema delle localizzazioni, quantità e caratteristiche commerciali allegato al bando, stupisce che proprio l’area archeologica e museale dove arrivano ogni anno centinaia e centinaia di migliaia di visitatori, sia stata considerata non bisognevole del supporto di nuovi esercizi commerciali, mentre aree di per sé poverissime di utenza vedono aumentare addirittura a due o più nuovi esercizi anche in presenza di attività commerciali preesistenti da anni. Né è possibile ipotizzare che tale scelta sia da imputare ad una “dimenticanza” ovvero a esigenze di un “presunto rispetto” della legge n. 220/57. Nell’ambito di tale fascia di rispetto infatti è stata prevista dal Bando l’installazione di ben due chioschi di cui uno alla stazione di Paestum e l’altro a Torre di Mare, dove già insistono tra l’altro numerosissimi punti di vendita delle categorie previste. Ancora più grave a questo punto è che la parte della 220 maggiormente visitata dai frequentatori e che con gli esercizi attuali non riesce a soddisfare la domanda delle categorie merceologiche di cui al Bando, non si sia previsto alcun nuovo chiosco. Dicano ulteriormente le SS.LL. come possa prefigurarsi la sistemazione di un chiosco in località “Nuova Paestum” sull’area cosiddetta “della montagnella”, forse quella a Capaccio Scalo, che nel qual caso risulta già sottoposta a vincolo ambientale e archeologico per l’avvenuta repertazione di resti umani della età neolitica, né comprendono dove possano effettuarsi allacciamenti alle reti pubbliche senza stravolgere un sottosuolo di straordinario valore già noto. Né potrà applicarsi quanto indicato all’allegato “A” terzo comma, col quale è prevista la possibilità di utilizzare servizi igienici pubblici entro i 100 metri di distanza o per assurdo addirittura un servizio igienico privato, contravvenendo ad ogni norma in materia di igiene e sanità, ovvero creando presupposti di evidente disparità di trattamento tra le diverse offerte, atteso che il Bando è comunque prevista la necessità di un servizio di WC all’interno del chiosco a pena di esclusione. Gli scriventi immaginano in proposito, l’eventuale richiesta di utilizzo di un bagno da parte di un turista, al quale verrebbe riferito di recarsi presso una privata abitazione a cento metri, magari al terzo piano senza ascensore, peggio ancora se si dovesse trattare di malato di cuore o donna in gravidanza! Tale considerazione a meno sempre di interessi o valutazioni diverse che al momento sfuggono all’umana comprensione o che si voglia stravolgere la normativa europea in tema di norme igienico sanitarie. Gli scriventi ritengono che andrebbe poi non sottovalutata o trascurata ogni valutazione di merito in considerazione della necessità di consolidare l’economia locale, favorendo soprattutto i giovani e assicurando la partecipazione in via esclusiva o comunque prioritaria ai cittadini residenti e non certamente indicando la residenza nel comune da soli tre anni. Chi altri avrebbe reale interesse a sostenere l’economia e l’occupazione sul territorio, se non quei cittadini che vi risiedono da tempo adeguato. Gli scriventi pertanto interrogano le SS.LL. con richiesta di rispondere per iscritto a ciascuna delle questioni elencate in premessa e in particolare alla presunta illegittimità degli atti posti in essere. La richiesta di sospensione della pubblicazione del Bando è formulata con l’intento non solo di agevolare maggiormente la partecipazione dei cittadini, quanto di procedere ad ulteriori approfondimenti e modifiche allo scopo di porre l’Ente comunale a riparo da eventuali future impugnative o peggio di richieste risarcitorie nel caso sia appurata l’eventuale illegittimità degli atti a cui è fatto riferimento”.



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