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ACCOLTA ISTANZA DEL COLLEGIO DIFENSIVO DEI TRE INDAGATI
ACCOLTA ISTANZA DEL COLLEGIO DIFENSIVO DEI TRE INDAGATI
Clan Marandino: Riesame dispone scarcerazione di Roberto Squecco, Ciro Casella e Antonio Cibelli
Redazione
08 ottobre 2014 23:41
Eye
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CAPACCIO PAESTUM. Il giudice del Tribunale del Riesame di Salerno, Gaetano Sgroia, ha disposto, in serata, l’immediata scarcerazione dell’imprenditore capaccese Roberto Squecco, in accoglimento dell’istanza presentata dal collegio difensivo composto dagli avvocati Mario Turi e Stefania Nobili, avversa l’ordinanza impositiva della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal gip il 27 settembre scorso. Squecco torna così in libertà dopo 13 giorni di detenzione presso la casa circondariale di Fuorni, ma resta comunque indagato nell’ambito dell’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Vincenzo Montemurro della Procura della Repubblica e dalla Squadra Mobile della questura di Salerno. Ordinanza di scarcerazione anche per altri due indagati, il salernitano Ciro Casella e il torrese Antonio Cibelli (residente a Capaccio), i cui avvocati avevano presentato istanza al Riesame associata a quella dei legali di Squecco: restano in cella, invece, Francesco Adamo, Enrico Bifulco, Vincenzo Senatore e ai domiciliari Giovanni Marandino (nelle foto). In sei furono arrestati all’alba del 25 settembre scorso, nell’ambito dell’operazione “Parmenide”: il solo Bifulco è stato rintracciato e posto in stato di fermo il 3 ottobre. Durante gli interrogatori di garanzia, Marandino ha negato ogni addebito, mentre Squecco, Cibelli e Casella si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Pur a fronte delle articolate e complesse risultanze investigative della Squadra Mobile e preso atto della decisione del gip Vincenzo Di Florio di valutare gravi gli indizi di colpevolezza anche dal tenore dei dialoghi intercettati e dalle dichiarazioni delle parti lese, dalle quali si è evinta la presenza e l’azione sul territorio del presunto clan, il magistrato Sgroia, “seguendo il prevalente orientamento della Suprema Corte”, non ha potuto come compete “al potere-dovere del Tribunale del Riesame, integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato, nel recepire la funzionalità del tenore delle intercettazioni e di frasi apodittiche nell’affermazione della sussistenza dei gravi indizi di reato, in riferimento alla complessa vicenda in esame”, accogliendo così le istanze e ordinando la liberazione immediata dei soggetti richiedenti. Per tutti gli indagati, però, resta in piedi l’accusa di associazione per delinquere di stampo camorristico dedita all’estorsione e all’usura, mediante la detenzione illegale di armi e materiale esplosivo, ai danni di imprenditori di Capaccio, Agropoli, Eboli e Battipaglia. Contestati diversi episodi nel settore delle onoranze funebri, della lavorazione dei metalli ferrosi, delle riparazioni di carrozzeria e nella compravendita di un supermercato.



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