Attualità
Capaccio, gas Radon: chiarimenti dei LI.P.A.
Comunicato Stampa
27 dicembre 2010 08:44
Eye
  1938

Carlo_Guida

 

CAPACCIO. Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa firmato dal presidente dell’Associazione LI.P.A., arch. Carlo Guida, per chiarire quanto esposto nell'incontro “Speciale Puc: quale futuro per Capaccio Paestum?” del 23 dicembre scorso.  

La pianificazione territoriale ed il rischio gas Radon. 

Il PUC di Capaccio-Paestum è carente nello studio della carta del rischio?

Il Radon è un gas radioattivo incolore, insapore, inodore (praticamente impercettibile senza adeguati sistemi di rilevamento) ed estremamente volatile, prodotto dal decadimento di tre nuclidi capostipiti che danno luogo a tre diverse famiglie radioattive (Uranio 238, Thorio 232

e Uranio 235).

Il Radon viene generato continuamente da alcune rocce della crosta terrestre ed in modo particolare da lave, tufi, pozzolane, graniti; sebbene sia immaginabile che le maggiori concentrazioni siano presenti nei materiali di origine vulcanica, spesso si riscontrano valori elevati anche nelle rocce sedimentarie come calcari, marne e flysh. Come gas disciolto è veicolato anche a grandi distanze dal luogo di formazione e può essere presente nelle falde acquifere. E’ nota, inoltre la presenza del Radon in alcuni materiali da costruzione (come evidenzia la Direttiva 89/106/CEE), pertanto si innesca il duplice problema legato alle costruzioni con la possibilità di concentrazione in ambienti chiusi (abitazioni, uffici, ecc.) tramite fessure, fori, canne fumarie presenti in cantine e piani seminterrati e/o tramite il rilascio naturale dei materiali utilizzati per la realizzazione dell’opera edilizia.

Il rischio gas Radon è pressoché sconosciuto alla maggior parte della popolazione. Una buona parte di responsabilità di questa mancanza di informazione è da attribuire alle Amministrazioni Locali (Regione, Provincia, Comune) che, pur investite di tale ruolo dalla Raccomandazione Euratom 143 del 21/2/1990 (Raccomandazione della Commissione delle Comunità Europee sulla tutela della popolazione contro l'esposizione al radon in ambienti chiusi), ben poco hanno fatto e poco continuano a fare per favorire la conoscenza del rischio. La Comunità Europea, in sintesi, con la raccomandazione 143/1990 ha stabilito criteri per la protezione delle popolazioni contro l'esposizione indoor al gas Radon, mentre con la direttiva CEE 106/89 ha stabilito una norma quadro per la regolamentazione dell'impiego dei materiali edilizi permanentemente incorporati in opere di costruzione.

Il Comitato scientifico delle Nazioni Unite ha stimato che più del 50% della dose di radiazioni che in media un individuo riceve per l’esposizione a sorgenti naturali di radiazioni sia dovuta all’inalazione del gas Radon.

Una indagine nazionale dell’Istituto Superiore della Sanità, condotta agli inizi degli anni 90, ha stimato la concentrazione media negli ambienti indoor di circa 75 Bq/mc (Bequerel al metro cubo), corrispondente a quasi il doppio della concentrazione media mondiale che è di 40 Bq/mc. Le regioni Lombardia, Piemonte, Lazio e Campania sono state indicate come i luoghi più a rischio, mentre le province di Roma, Latina, Viterbo e Salerno hanno registrato i valori più elevati. Le regioni Emilia Romagna e Toscana sono state tra le prime a redigere una carta del rischio, nel rispetto della normativa nazionale ed europea.

 

In ambito Nazionale, anche l'ENEA ha svolto una serie di ricerche che hanno evidenziato una presenza di Radon, come media annuale di concentrazione, valori variabili tra i 100 e 400 Bq/mc, con picchi fino a 1000 Bq/mc. La media annuale stabilita per gli ambienti di lavoro dalla Legge 241/2000 è di 500 Bq/mc.; per le abitazioni, invece, non esiste in Italia una normativa specifica, per cui si fa riferimento alla normativa europea (Raccomandazione CEC 90/143) che indica i valori limite, oltre i quali suggerisce azioni di rimedio, di 400 Bq/mc. per le abitazioni esistenti, di 200 Bq/mc. per le nuove costruzioni. (I metodi di rilevamento si basano sulla rilevazione delle cosiddette particelle α con rilevatore CR-39).

Alcuni studi effettuati negli ultimi anni hanno ampiamente dimostrato, con estrema certezza scientifica, che l’inalazione di gas Radon (classificato come cancerogeno di gruppo 1) ad alte

concentrazioni aumenta di molto il rischio di tumore ai polmoni, definendola come la seconda causa di tumore ai polmoni dopo il fumo di sigarette.

Ma è plausibile che con le conoscenze scientifiche che abbiamo oggi sulla problematica del Radon, pur essendo in possesso degli strumenti per contrastare questo grave problema, non si faccia nulla in pratica per arginarlo?

Una buona parte di responsabilità di questa mancanza di informazione è da attribuire, come già detto, alle Amministrazioni Locali che pur investite di tale ruolo dalla Raccomandazione Euratom 143 del 1990 ben poco hanno fatto per favorire la conoscenza del rischio.

Le autorità comunali possono, anzi devono, ricoprire un ruolo fondamentale mediante tre doveri fondamentali:

1) Indagare sulla situazione locale riguardo i rischi legati alla presenza di gas Radon attraverso la redazione della mappa del rischio;

2) Informare la popolazione sui rischi per la salute in caso di esposizione al gas Radon e sulle tecniche per diminuire l'incidenza del rischio stesso;

3) Mettere in condizione i tecnici incaricati della redazione degli strumenti urbanistici locali (PUC) di poter conoscere a dovere il territorio e pianificare non solo tenendo conto del rischio sismico, idrogeologico, ecc. ma anche del rischio gas Radon.

Da ciò scaturisce la necessità di regolamentare mediante il Regolamento Edilizio Comunale gli interventi edilizi adeguati a mitigare il rischio.

Per vecchie case in ristrutturazione, si posso prevedere misure correttive di varia semplicità e costo, in dipendenza della locale concentrazione di Radon, mentre per le nuove costruzioni, le tecniche di prevenzione non comportano di norma alcun aggravio di spesa, rendendo quindi la mancata adozione un atto incomprensibile, giustificato solo dalla mancanza di conoscenza del problema. Per la rimozione del gas Radon indoor è sufficiente la ventilazione degli ambienti, mentre la riduzione dell’ingresso in ambienti avviene mediante depressurizzazione del suolo, ventilazione dei vespai, pressurizzazione dell’edificio, sigillatura delle vie d’ingresso (canalizzazioni, tubazioni, ecc.), azioni di prevenzione (ventilazione forzata, ecc.). In pratica, si tratta di realizzare al di sotto della superficie dell’edificio, in presenza di un vespaio, un pozzetto di raccolta del gas collegato ad un ventilatore così da scatenare una depressione che

raccoglie il gas e lo espelle all’esterno, impedendone l’infiltrazione all’interno.

La Pianificazione Territoriale, con la conoscenza degli elementi di rischio di un territorio, consente la predisposizione di strumenti urbanistici adeguati.

Se ciò vale per il Rischio Idrogeologico, sismico, vulcanico, industriale, ecc. deve valere anche per i prodotti di decadimento del Radon come peraltro richiamato dal recente Decreto Legislativo n. 241 del 2000 (Attuazione della direttiva 96/29/EURATOM in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni

ionizzanti).

In realtà un tale rilievo non rappresenta un maggior onere per la comunità in quanto la Geologia è di norma a corredo di ogni corretta pianificazione territoriale; piuttosto, esso andrebbe posto come elemento di conoscenza da parte dei progettisti incaricati. Poiché la

Geologia del territorio controlla la distribuzione e la migrazione del Radon, ne risulta che una prima selezione delle zone ricche di questo gas si può effettuare in base a considerazioni sulla natura geologica delle aree territoriali.

Non bisogna dimenticare che le Amministrazioni locali hanno il dovere istituzionale di tutelare la salute pubblica, pertanto dovrebbero approfondire le loro conoscenze sul rischio Radon ed emanare regolamenti edilizi che rispondano ai seguenti requisiti:

- Minimizzare gli effetti sulla popolazione derivanti dall'inalazione del Radon e dei suoi prodotti di decadimento;

- Redigere regolamenti differenziati a seconda dell'area e quindi del livello di rischio.

La geologia locale, l'interazione tra edificio e sito di ubicazione, l'uso di particolari materiali da costruzione e le tipologie edilizie utilizzate sono gli elementi più rilevanti ai fini della valutazione dell'influenza del gas Radon sulla qualità dell'aria interna di edifici abitativi e non abitativi (uffici, scuole, ospedali, ecc.).

Per quanto riguarda la pianificazione del territorio di Capaccio-Paestum, abbiamo vissuto con passione la discussione della Relazione Programmatica del PUC redatta dal prof. F. Forte, professionista di note capacità professionali.

Tuttavia, nella riunione pubblica del 28.10.2008 (con i tecnici e i professionisti locali) fu rilevato dal sottoscritto che la rete ecologica elaborata (ovvero la cartografia che evidenzia le aree a rischio del territorio comunale) era mancante di uno studio sul rischio gas Radon.

Ciò è alquanto grave, sia perché la problematica è molto seria (come si evince dai contenuti precedentemente esposti) sia perché il problema era stato già da me evidenziato in un altro incontro con il prof. Forte.

Devo registrare, con grande amarezza, che tali indicazioni non sono state assolutamente recepite né dal prof. Forte né dagli amministratori.

E’ anche singolare che il redattore del PUC, di fronte a tale problematica strettamente legata alla salute dei cittadini, risponda che a causa del palese disinteresse degli enti istituzionali (ARPAC, Comune, ecc.) e della mancanza di una carta del rischio regionale non possa

inserire nella elaborazione del piano uno studio specifico nella carta del rischio.

A mio avviso poteva essere l’occasione per poter sensibilizzare l’intera comunità locale e sovra locale di un problema molto serio, che tuttavia è fortemente sottovalutato a tutti i livelli istituzionali.

 

Prof. arch. Carlo Guida



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