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LA REPLICA
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Albanella, crac ‘Nuova Contadina’. Di Masi: “Aminea si accollò tutti i debiti, ho la coscienza a posto”
Alfonso Stile
07 novembre 2017 18:37
Eye
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ALBANELLA. “È una storia lunga, molto lunga, dove qualcosa ad un certo punto è andato storto ed ho perso tutto”. Con queste parole, l’ex proprietario de ‘La Nuova Contadina’ di Albanella, Roberto Di Masi, ribalta la prospettiva del fallimento del caseificio dopo il clamore suscitato dalle dichiarazioni a StileTV di un’ex operaia, Palmina Agriesti, che hanno riportato all’attualità una vicenda che, ancora oggi, presenta molti punti interrogativi.
La replica di Di Masi alla nostra emittente è stringata, con l’imprenditore caseario che, in particolare, non ci sta ad essere tirato in ballo sul crac, scaricando così le responsabilità: “Con un atto pubblico ho venduto tutto, nel 2008, ai soci dell’Aminea Otto, imprenditori rispettabili e conosciuti: da allora non so e non voglio più sapere nulla”. Sul perché arrivò a privarsi del caseificio, Di Masi taglia corto: “La storia è lunga, c’erano difficoltà e decisi di accettare la loro proposta, punto. Nell’accordo, acquisirono crediti, struttura, mezzi e proprietà, ma si accollarono pure tutti i debiti, compresi quelli con banche, fornitori e dipendenti”.
Secondo alcune fonti, nella compravendita l’imprenditore intascò una differenza di oltre 300mila euro, ma Di Masi non conferma: “Scusi ma perché devo spiegare cose personali? E poi che c’entra? Ma ha capito che mi sono dovuto vendere l’azienda che avevo creato con tanti sacrifici, le pare poco?”.
Sul trattamento ricevuto dalla Agriesti ed altri operai, rimasti a mani vuote, Di Masi rispedisce al mittente ogni accusa e s’infastidisce: “Allora parliamo e non ci capiamo. Mi sono venduto il caseificio perché c’erano anche questo tipo di difficoltà, sulle quali garantirono i nuovi proprietari. Quindi la mia coscienza è pulita!”.
Dal suo legale di fiducia, giunge conferma che Di Masi chiuse una transazione omnicomprensiva di 21mila euro con la Agriesti, pochi mesi prima della vendita all’Aminea Otto: confermata anche la sussistenza delle infrazioni contestate alla donna durante l’orario di lavoro, mentre vengono respinte le accuse inerenti presunti atteggiamenti vessatori.
La Agriesti e molti dipendenti, però, hanno una visione molto diversa sulle cause che probabilmente portarono alle difficoltà, alla vendita ed al fallimento del caseificio (nella foto), oggi al centro di un’indagine della Procura della Repubblica di Salerno, condotta dal sostituto procuratore Francesco Rotondo, che ha chiesto il processo per gli ex amministratori dell’Aminea Otto: si tratta di Amerigo Marino di Salerno e Michele Oscar Cafarelli di Battipaglia (alternatisi nella carica di presidente), Angelo Maria Carrozza di Altavilla Silentina (vicepresidente), Fioravante De Vivo di Salerno, Emilio Erra di Pontecagnano e Benedetto Ligurso di Pontecagnano (consiglieri), accusati di bancarotta fraudolenta in un crac da 7 milioni di euro.
In questo mese di novembre, sulla richiesta di rinvio a giudizio è attesa la pronuncia del gup Renata Sessa del Tribunale di Salerno.
Tra i principali creditori di Roberto Di Masi e dell’Aminea Otto, c’era anche la Bcc di Altavilla e Calabritto. Ma questa è un’altra storia.



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