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COLPO DI SCENA
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Vallo, morti di tumore dopo trapianto. Superperizia choc: “Trasmesso dal donatore suicida”
Alfonso Stile
09 maggio 2018 18:47
Eye
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VALLO DELLA LUCANIA. Colpo di scena nell’indagine della Procura di Mantova sulla morte delle tre persone, tra cui il 63enne Giuseppe Pellegrino di Vallo della Lucania, uccise da tumore dopo il trapianto di organi (pancreas e reni) prelevati all’ospedale “Carlo Poma” da un solo donatore, morto suicida, singolare caso di cronaca giudiziaria che potrebbe innescare una seria discussione scientifica internazionale in materia di donazione degli organi, portato alla ribalta nazionale da StileTV nell’aprile del 2017 e ripreso da numerose testate italiane.
Per fare chiarezza sui tre misteriosi decessi avvenuti, a meno di un anno dal trapianto, a causa del medesimo carcinoma aggressivo, il gip Matteo Grimaldi aveva disposto una super perizia nell’ambito dell’incidente probatorio, nominando un pool di esperti di levatura internazionale (i prof. Pierfranco Conte, Antonietta D’Errico e Claudio Rago) i quali hanno consegnato, nei giorni scorsi, i risultati del loro rapporto, le cui conclusioni sono decisamente scioccanti sotto il profilo medico-scientifico, anche se potrebbero di fatto scagionare tutti i 18 indagati, tra cui il primario, accusati di omicidio colposo.
“La super perizia – spiega l’avv. Riccardo Ruocco del foro di Salerno, che rappresenta le famiglie di due delle tre vittime – ha appurato un possibile nesso di causalità tra il trapianto degli organi e i tre decessi, dimostrando così la fondatezza delle nostre preoccupazioni, ovvero che, con elevata probabilità, le morti sono state causate dagli organi ‘malati’ trasferiti dal donatore ai riceventi. Diverso, invece, il discorso sulla responsabilità penale dei medici indagati, che secondo la perizia viene esclusa in quanto i protocolli medici sono stati rispettati: dunque, non era possibile appurare che gli organi del donatore suicida fossero infetti”.
Il 15 maggio prossimo si terrà l’udienza davanti al gip per l’esame dei periti, ma il legale cilentano avanza nuove ipotesi: “Il mio pensiero và in primis alle famiglie coinvolte in questa terribile tragedia, perché finalmente è venuta fuori la verità, purtroppo non bella. Tutto ciò che, dopo le indagini difensive, materializzava i sospetti ai quali diverse procure italiane non davano peso, oggi è certezza: ad uccidere i tre pazienti non è stata una crisi di rigetto, ma un tumore trasmesso dagli organi infetti ricevuti dal medesimo donatore. La perizia depositata in questi giorni presso l'ufficio Gip del tribunale di Mantova, tuttavia, se da un lato smentisce e ribalta le tesi di molti esperti che si erano pronunciati in senso contrario, dall'altro, escludendo responsabilità di rilevanza penale dei medici indagati, è destinata, oltre alle valutazioni processuali del caso, ad aprire una seria discussione, sia a livello scientifico che giuridico, che coinvolgerà certamente anche il Ministero della Salute. Se, infatti, le linee guida nazionali vigenti in materia di trapianti rendono possibile che un organo giudicato ‘idoneo’ ai fini di un trapianto, risulti poi essere quello che, invece, causa la morte del paziente ricevente per trasmissione di una neoplasia molto aggressiva, significa che più di qualcosa non funziona e va corretta, e non ci fermeremo certo adesso”.



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