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INDAGATO DAI CARABINIERI
INDAGATO DAI CARABINIERI
Giffoni Sei Casali, omicidio Pennasilico: arrestato giovane pastore
Comunicato Stampa
19 settembre 2019 09:54
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GIFFONI SEI CASALI. I carabinieri della Compagnia di Battipaglia, coordinati dal magg. Vitantonio Sisto, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del Tribunale di Salerno su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di Bruno Di Meo, pastore di 23 anni, residente in Giffoni Valle Piana. L'accusa è di tentato omicidio, concorso in omicidio volontario e porto ingiustificato di arma da sparo. Il provvedimento è stato chiesto ed emesso in relazione all’omicidio di Domenico Pennasilico (nella foto) ed al tentato omicidio del di lui figlio, Generoso Raffaele Pennasilico, avvenuto in zona Cerzoni nell’agro del comune di Giffoni Sei Casali, nel primo pomeriggio del 23 aprile scorso.
La vittima si trovava con il figlio nella predetta località per recuperare alcuni bovini allontanatisi dalla zona di pascolo normalmente da loro utilizzata, allorché, improvvisamente, contro Generoso Raffaele Pennasilico vennero esplosi due/tre colpi di arma da fuoco da parte di Bruno Di Meo; quasi contemporaneamente, a breve distanza, Domenico Pennasilico veniva colpito da un primo colpo di fucile, caricato a pallettoni, da altri complici come riferito dalla vittima al figlio Generoso Raffaele in una concitata telefonata nel corso della quale lo avvisava di mettersi in salvo.
Domenico Pennasilico veniva ritrovato morto, qualche ora dopo, nei pressi di un torrente ai piedi di un dirupo. Il figlio, invece, grazie ad una maggiore agilità dovuta alla giovane età, rimasto incolume durante l'agguato, chiamò subito i soccorsi e le forze dell'ordine segnalando appunto che il padre era rimasto vittima di un agguato, che era ferito e non riusciva più a mettersi in contatto con lui.
Il corpo del padre fu ritrovato poche ore dopo dai militari giunti sul posto e fu recuperato grazie all'intervento di una squadra del soccorso alpino dei vigili del fuoco. In sede di visita esterna ed esame autoptico venne accertato che l’uomo venne colpito da almeno due colpi: il primo alle gambe ed al gluteo sinistro immobilizzandolo; il secondo, letale ed esploso ad una distanza ravvicinata di un metro e mezzo, lo attingeva in regione dorso lombare causando lo sfacelo degli organi interni e vitali ed in particolare del parenchima-splenico e polmonare.
Le indagini si sono indirizzate subito sull'indagato Bruno Di Meo, riconosciuto dal figlio della vittima come colui che, tendendogli un agguato, gli aveva esploso contro due o tre colpi di pistola tentando di ucciderlo. Ulteriori decisive fonti di prova emergevano dall'analisi dei tabulati telefonici e dalla registrazione della telefonata al 112 che confermavano il resoconto del giovane, anche in relazione all'omicidio del di lui padre.
Le analisi fisiche eseguite dal RIS di Parma sui capelli, sugli indumenti indossati dal Di Meo, successivamente rinvenuti e sequestrati, consentivano di accertare la presenza di particelle di piombo, bario e antimonio univocamente indicative dell'utilizzo di recente di armi da sparo, compatibili peraltro con le particelle estratte dai bossoli rinvenuti sul luogo del tentato omicidio e sulla via di fuga di Domenico Pennasilico.
Le indagini hanno permesso, altresì, di ricostruire il movente dell'agguato da individuarsi nell'astio tra le due famiglie, risalente nel tempo a causa dello sfruttamento dei pascoli. Nel corso del tempo, entrambe le famiglie si sono accusate a vicenda di invadere reciprocamente il campo di pascolo altrui. Il GIP ha condiviso altresì la contestazione dell'aggravante della premeditazione ritenuta all'evidenza sussistente atteso che gli autori dell'omicidio e del tentato omicidio si erano recati sul posto armanti. Le indagini sono tutt'ora in corso per l'individuazione dei complici di Bruno Di Meo.



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