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SDEGNO NELLA COMUNITÀ
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Albanella, rogo rifiuti: escluso il dolo, nel mirino protocolli antincendio aziendali
Alfonso Stile
25 settembre 2021 09:59
Eye
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ALBANELLA. Non si placano le polemiche, ad Albanella, dopo lo spaventoso incendio che ha interessato il sito di stoccaggio rifiuti ferrosi e plastici di ‘Ricicla Campania’: bruciando ininterrottamente per quasi quattro ore, ha sprigionato una fitta nube di veleni tossici, visibile a km di distanza, che levandosi al cielo si è poi riversata su allevamenti ed appezzamenti di terreno circostanti, tanto da indurre il sindaco, Enzo Bagini, a vietare la raccolta di prodotti agricoli, pascoli e rinviare l’apertura del vicino asilo nido di Borgo San Cesareo.

ESCLUSA IPOTESI DOLOSA: PROTOCOLLI ANTINCENDIO NEL MIRINO DEGLI INQUIRENTI - I carabinieri di Matinella ed colleghi forestali di Capaccio Paestum hanno trasmesso, alla Procura della Repubblica di Salerno, i rilievi documentali e fotografici eseguiti sul posto. Dalle immagini di videosorveglianza dell’impianto, appare chiara la matrice accidentale e colposa, essendo emerso che, per cause ancora da accertare, la notte prima del disastro (alle ore 1.13) hanno preso fuoco sterpaglie in un podere adiacente (in alto a sinistra nella foto), a circa 50 metri in linea d’aria dalla discarica: un rogo contenuto e domato, intorno alle ore 3.00 del mattino, dai vigili del fuoco. 

“Il vento del mattino dopo ha impedito che le fiamme si spegnessero del tutto - sostiene l’ing. Salvatore Pinto, progettista del sito di stoccaggio - tant’è che c’era ancora fumo fino alle 11:45 circa, quando residui incandescenti trasportati oltre il muro divisorio hanno raggiunto alcune ecoballe, causando così l’incendio nell’impianto, per fortuna spento in poche ore grazie ai sistemi di sicurezza interni ed ai caschi rossi; dunque, l’azienda è parte lesa, ci ha rimesso due compattatori costosi ed è comunque assicurata per danni causati a terzi”.

Secondo i primi esami degli inquirenti, dunque, è da escludere, a priori, l’ipotesi del dolo: una presunta mano incendiaria, azionata da presumibili intenzioni dimostrative, avrebbe dovuto calcolare troppe variabili (distanza, condizioni meteo, proporzioni) per appiccare le fiamme nel sito di Via Giunta, quando sarebbe bastato lanciare, oltre il muro, un mozzicone o una molotov nel cuore della notte.

Resta quindi da capire cosa ha generato il focolaio nel podere accanto e perché, il personale di ‘Ricicla Campania’, non ha monitorato attentamente il terreno fumante circostante, sottovalutando di fatto il potenziale pericolo d’incendio. Toccherà comunque all'autorità giudiziaria valutare eventuali profili di responsabilità in ordine al rispetto ed all'applicazione di tutti i protocolli antincendio.

AMBIENTALISTI IRRITATI E SDEGNATI - Al contempo, preoccupati cittadini ed ambientalisti sono sul piede di guerra, irritati dalla posizione assunta dall'azienda, tendente a sminuire le proporzioni del disastro. A gran voce invocano e sollecitano maggiori controlli di sicurezza e di impedire la costruzione di altri siti di stoccaggio rifiuti in una località, quella di Matinella, a forte vocazione agricola e bufalina. Inoltre, a pochi metri dal sito devastato dal fuoco, sorgono anche un deposito di gas (dove lavora la moglie del sindaco Bagini) e l’asilo nido di Borgo San Cesareo.

Così Carmine Aquino, presidente del locale Comitato Ambiente e Salute: “Dipendesse dall’ing. Pinto, impianti di questo genere li collocherebbe anche nel giardino antistante l’asilo comunale. E certo che siamo felici che l’incendio è stato domato in poche ore, anche grazie ai vigili del fuoco che non ci stancheremo mai di ringraziare, ma la nuvola spaventosa che si è sprigionata non mi sembra che abbia fatto certamente bene al nostro ambiente, alla nostra terra ed a chi ha avuto la fortuna di respirarne le relative esalazioni”.

Non usa mezzi termini anche il biologo Michele Contegiacomo, portavoce del Comitato cittadino ‘Non inquino la mia terra’ di Capaccio Paestum: “Giusto per chiarire, le diossine, appartenenti alla classe degli inquinanti organici persistenti (noti come POP dall’inglese persistent organic pollutants), hanno un’elevata stabilità chimica (vale a dire che difficilmente si degradano), poca facilità di sciogliersi nell’acqua e, avendo caratteristiche simili alle sostanze grasse, riescono a rimanere per tempi piuttosto lunghi sia nell'ambiente che all'interno degli organismi, compreso il corpo umano, dove si localizzano principalmente nel tessuto grasso (adiposo): per eliminare il 50% di una dose di diossine ci vogliono più di 10 anni. Queste sostanze chimiche, inoltre, sono in grado di diffondersi facilmente nell'ambiente, raggiungendo distanze anche molto lontane rispetto al luogo di rilascio”.



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