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Cassazione: furto in cantiere come quello in abitazione - L'agenda legale di Rosario Buccella
Rosario Buccella
24 gennaio 2015 11:04
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Nei confronti di chi durante i lavori di ristrutturazione di un edificio si introduca nel cantiere di una società edile al fine di sottrarre beni, si configura il reato di furto in abitazione, previsto dall’art. 624 bis del codice penale, ipotesi più grave rispetto al furto semplice (art. 624 c.p.). Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella recentissima sentenza n. 2768 del 21 gennaio 2015, che non ha tenuto conto delle doglianze del ricorrente, già condannato dalla Corte d’Appello. Secondo l’imputato, il cantiere non può essere considerato come un luogo di privata dimora, essendo stato destinato all’esclusiva attività di lavoro. Di diverso avviso la Cassazione, la quale afferma che “la nozione di privata dimora è più ampia di quella di abitazione, in quanto va riferita al luogo nel quale la persona compia, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata”. Infatti, “nei cantieri gli operai utilizzano spazi (spogliatoi, depositi) per le necessità della vita personale collegate alla vita lavorativa, lasciando anche oggetti in deposito”, come avvenuto anche nel caso di specie.

Nella nozione di privata dimora - è spiegato nella sentenza - rientrano anche gli studi professionali, gli stabilimenti industriali e gli esercizi commerciali.

All’attuale orientamento si perviene attraverso un’evoluzione che individua il suo momento centrale nella legge n. 128/2001, la quale, non senza dissensi, con l’introduzione nel nostro Ordinamento dell’art. 624 bis del codice penale, ha previsto pene raddoppiate per il furto in abitazione rispetto al furto semplice: reclusione da uno a sei anni e multa da 309 a 1.032 euro.



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