Attualità
Capaccio, estorsioni e tangenti: associazione per delinquere nuovo filone d'inchiesta (ESCLUSIVA STILETV)
Alfonso Stile
31 gennaio 2013 14:27
Eye
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CAPACCIO. Associazione per delinquere finalizzata all’estorsione e alla concussione. È questa la clamorosa piega che avrebbe preso l’inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Salerno sul vorticoso giro di mazzette che ha coinvolto gli ex sovrintendenti della Forestale, Marta Santoro ed Antonio Petillo, entrambi ormai verso una condanna penale e l’interdizione dai pubblici uffici.
Un’indagine complessa, approfondita con acume investigativo dal pm Maurizio Cardea, che, col passare dei giorni, avrebbe scoperchiato un sistema molto più ampio e più in alto, tanto da essere scomposta in due filoni paralleli. Sarebbero già sette le persone indagate (ex art. 197 bis e 210 del c.p.p.) in un procedimento allargato e connesso a quello della Santoro, tra cui quattro in divisa. Scavando a fondo, gli inquirenti avrebbero riallacciato episodi contigui che vengono anche da più lontano, rivelatisi come tanti pezzi di un mosaico criminale sconvolgente, giungendo ad ipotizzare l’esistenza di una vera e propria associazione delinquenziale tra più soggetti influenti in concorso.
Tasselli che la procura salernitana avrebbe messo al posto giusto grazie alle indagini certosine coordinate dal pm Cardea, in sinergia con i carabinieri del Reparto Operativo Speciale del Comando Provinciale di Salerno e della Compagnia di Agropoli, sotto la costante supervisione del comandante della Legione Campania, il gen. Carmine Adinolfi, capaccese doc. Una procura blindata sull’argomento: accertamenti, indagini ed interrogatori a vario titolo sarebbero tuttora in corso, lasciando presagire provvedimenti e sviluppi clamorosi che finirebbero con l’investire personaggi molto noti, tra cui amministratori, ex amministratori e funzionari del Comune di Capaccio.

UN SISTEMA DI TIPO “CAMORRISTICO”
È una brutta storia quella che avrebbero ridisegnato gli inquirenti, fatta di banchetti e riunioni ristrette tra mandanti ed esecutori per decidere quando e chi 'colpire'; un fiume di denaro in tangenti ed estorsioni intriso di ricatti, vendette, rancori e punizioni, ma soprattutto ingrossato da intrecci politico-imprenditoriali, conflitti d’interesse, colate di cemento e finanche contatti con pregiudicati della zona. Un vero e proprio clan benvestito d’autorità, capace di utilizzare metodi che, in alcuni atti, sarebbero stati addirittura definiti “camorristici”, ai quali nessuno osava e poteva sfuggire.
Denuncia dopo denuncia, testimonianza dopo testimonianza, interrogatorio dopo interrogatorio, il quadro che sarebbe venuto fuori è inquietante, frutto di ricostruzioni scrupolose effettuate con tecniche investigative sofisticate, che avrebbero prodotto riscontri incrociati e prove inconfutabili, indirizzati dal coraggio e dall’esasperazione di quasi un centinaio di ‘vittime’.
Fascicoli corposi che delineerebbero il consolidamento, negli anni, di uno scenario associativo ermetico e capace di autoproteggersi, finalizzato alla concussione, all’estorsione, all’istigazione alla corruzione, alla speculazione edilizia, all’abuso d’ufficio, al peculato, all’usura e non solo: una vera e propria morsa, stretta da più soggetti in abuso del proprio ruolo, nella quale sarebbero finiti numerosi cittadini ed imprenditori capaccesi. Una ‘cappa’ che avrebbe soffocato molta gente, per anni, sotto l’incubo ed il terrore di subire sigilli, sequestri, provvedimenti e ritorsioni a danno dei propri beni immobili ed attività lavorative.

MARTA ERA DAVVERO SOLA?
Il filone d’indagine parallelo potrebbe finire con l’inguaiare ulteriormente la posizione della Santoro, che ha ammesso di aver preso tangenti da sola, addossandosi ogni responsabilità e senza mai fare nomi: ma è proprio in quella ristretta cerchia che l’affiancava, in quel novero di “amicizie importanti” che si vantava di avere, cercando perfino di contattarne qualcuna dal carcere, che si sarebbe diradata l’ombra di una vera e propria associazione delinquenziale.
Le domande che avrebbero portato i magistrati sulla pista giusta sarebbero queste: poteva, una semplice sovrintendente come Marta Santoro, mettere in piedi e sostenere, da sola, un sistema tangentizio simile? Com’è possibile che, per diversi anni, nessuno si sia mai accorto di nulla? Com'è possibile che nessuno si sia mai preoccupato di verificare cosa e perché sequestrava il comandante della stazione di Foce Sele? C’era qualcuno che, dall’alto, indirizzava certi controlli usando la Santoro come ‘minaccia’? Qualcuno che, forse, ha rafforzato il proprio potere politico-economico speculando sulla cementificazione abusiva che affligge Capaccio?

(ESCLUSIVA STILETV)



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