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'NEW FAMILY'
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Capaccio, spaccio di cocaina: scena muta dei reggenti del clan Rossi davanti al gip
Redazione
04 luglio 2017 09:27
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CAPACCIO PAESTUM. Scena muta davanti al gip Renata Sessa della Procura della Repubblica di Salerno per i reggenti del clan Rossi di Capaccio Paestum. Scelta la linea del silenzio, dunque, nel corso degli interrogatori di garanzia tenutisi ieri, nel carcere di Fuorni, da parte del 70enne Umberto Rossi, ex cutoliano pluripregiudicato e padre di Giancarlo Rossi, già detenuto a Napoli ed interrogato per rogatoria, ritenuto dagli inquirenti il fondatore del cartello capaccese della droga. Un’associazione dedita allo spaccio di cocaina nella città dei Templi, Agropoli e Vallo della Lucania, della quale si è dovuto occupare per forza, per questione di debiti con i fornitori di droga a Scampia, l’ex boss della Nco dopo l’arresto del figlio per gli attentati incendiari ai danni dell’autolavaggio della famiglia Paolino alla Licinella.
Cucite anche le bocche di Marco Di Mieri e Giovanni Gambone, sodali e pusher di punta del clan Rossi, per un muro di omertà sugli affari dello spaccio, ricostruiti dal sostituto procuratore antimafia Marco Colamonici. Pizza, caffè, trippa e anche bollette: così, di volta in volta, veniva chiamata la cocaina dagli spacciatori del clan nel corso delle conversazioni telefoniche criptiche fra loro, in particolare con il pusher Mario Menichini, gestore di un’agenzia di scommesse a Capaccio Scalo. Oggi e domani continueranno gli interrogatori di garanzia per gli altri arrestati, a partire da quelli finiti ai domiciliari dopo il blitz dei carabinieri del Comando provinciale di Salerno, che ha portato all’arresto di 12 persone in tutto nell’ambito dell’operazione denominata ‘New Family’.



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