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Capaccio Capoluogo, il mistero dell’acqua invisibile che asseta solo i poveri
Alfonso Stile
10 luglio 2017 22:05
Eye
  10218

CAPACCIO PAESTUM. Quando la siccità diventa dramma. E mistero. È quello di quattro famiglie modeste, residenti a Capaccio Capoluogo. In tutto 15 persone, tra cui 6 bambini, che nonostante la gola secca, trovano nello sdegno la forza di rivolgersi alla nostra emittente perché “...siamo allo stremo delle forze, i nostri bimbi hanno sete, direttore per favore venga, venga quassù, venga a vedere che succede veramente”.
Abitano in località Cesarone, tra le curve della SP13 che conduce al centro storico. Nelle loro case, l’acqua potabile manca da metà maggio. Nel senso che non ne arriva nemmeno una goccia. Solo la protezione civile riesce, quando è possibile, a rifornire i loro serbatoi. Ma non basta. Le donne di casa sono costrette ad andare a lavare i panni da parenti o amici.
Gli uomini, al ritorno da lavoro, sperano di potersi fare una doccia solo a tarda sera, con quel filo d’acqua che esce appena dai rubinetti. Se va male, ci si può lavare poco alla volta con quella raccolta altrove e conservata, come scorta estrema, in bottiglie e pentole.
E il dramma diventa rabbia quando a pochi passi, o poco più sopra, qualcuno l’acqua ce l’ha. Eccome. Stranezze che fanno sentire figli di un dio minore decine di residenti nelle località collinari di Cesarone, Crispi, Tempa di Lepre, Tempa la Maida, Cannito e Vecchia Cilentana, dove la risorsa idrica diventa un miraggio d’estate, quando l’afa e le temperature rendono esasperante ed insopportabile un disagio che, da anni, affligge il Capoluogo. Ma non tutti. Allora chi è che lo prosciuga?
L’acqua compare e scompare… sembra che ci siano residenze di rabdomanti dove non manca mai, e case più modeste dove pure la lingua dei cani, nel cortile, tocca per terra. Si vocifera che certe condotte fanno giri strani, deviazioni particolari.
“La verità è che noi non abbiamo soldi e quindi nemmeno l’acqua – si chiede distrutta la signora D’Avino – in certe case invece l’acqua ci sta sempre, ma come è possibile? Eppure abitiamo tutti a Capaccio paese… mi dica lei come dobbiamo fare, sono giorni che non arriva una goccia, non ci possiamo lavare nemmeno la faccia, non ce la facciamo più”. Le vicine si affacciano dai balconi, quasi timorose. Qualcuna ha appena il coraggio di esporsi, quando invece l’acqua dovrebbe essere un diritto uguale per tutti: “Siamo scordati da Dio, se non fosse per la protezione civile, che ringraziamo, moriremmo veramente di sete… non ce l’abbiamo con il sindaco, per carità lui è arrivato da poco, ma qua bisogna fare qualcosa subito, noi vogliamo capire perché a chi si e a chi no… per lavare i bimbi e fare una lavatrice, stiamo andando a Giungano da alcuni parenti, ma vi rendete conto? Sono dieci anni, dieci, che ci raccontano la stessa storia… sto sciacquando i miei figli piccoli con le bottiglie, ma che siamo bestie?”. Donne e mamme che arrivano perfino ad umiliarsi, confessando con gli occhi lucidi i particolari di un flagello diventato vergogna. Qui decidiamo di spegnere le nostre telecamere: “La prego, direttore, faccia vedere nel telegiornale la nostra disperazione… grazie per essere venuto e mi scusi se non le ho potuto offrire nemmeno un bicchiere d’acqua…”.

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