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L'INCHIESTA
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Capaccio, scandalo piscina. Giovani della Kerres: “Distrutto il sogno di lavorare nella nostra terra”
Redazione
29 maggio 2018 11:07
Eye
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CAPACCIO PAESTUM. Scandalo piscina Poseidone di Capaccio Paestum. In merito all’inchiesta che la nostra emittente sta curando sul complesso natatorio costato 3 milioni di euro e chiuso dopo appena 18 mesi, riceviamo e pubblichiamo, integralmente, la seguente lettera inviata dai 18 giovani soci della società Kerres (nella foto durante un momento di festa), che lavoravano ogni giorno nell’impianto, e che hanno perso il posto di lavoro a seguito della chiusura dello stesso, dopo aver investito circa 80.000 euro, grazie all’accensione di un mutuo decennale presso la Bcc Capaccio Paestum, e che, ad oggi, non si ritrovano più un'occupazione nella propria città ma devono fare lo stesso i conti, a fine mese, con le restati rate del finanziamento da pagare, in parte compensate con la vendita delle attrezzature allo stesso ente per circa 39mila euro:

Egregio Direttore Stile, scriviamo, per la prima volta senza filtri di avvocati e al di fuori dell’ATI Afrodite che ha gestito la piscina comunale di Capaccio, come Kerres, cooperativa sociale formata nel 2011 da giovani di Capaccio Paestum, Roccadaspide, Agropoli, alcuni giovanissimi, altri meno, qualcuno disabile, qualcuno più ‘problematico’ altri meno, ma tutti appassionati e forse illusi. Saranno state le preoccupazioni degli ultimi anni, le pressioni e i facili quanto leggeri giudizi della cosiddetta 'opinione pubblica', ma non vogliamo più illuderci su niente e nessuno.
'Piscina' è una parola che, fino a qualche tempo fa, ci stava a cuore. Molti di noi in una piscina ci sono praticamente cresciuti, anche a costo di tanti sacrifici nostri e delle nostre famiglie perché in molti casi erano lontane. Tuttavia, le vicende degli ultimi due anni hanno creato un velo di tristezza, delusione e disgusto per tutto quello che questa parola rievoca per noi.
Rileggendo quello che ritroviamo sulla piscina di Capaccio Paestum, anche da prima della realizzazione, appare chiaro che da sempre politica, politicanti e interessati hanno fatto del tema solo occasione di propaganda. Nel tempo, i soliti ben informati o benpensanti hanno avanzato dubbi su presunti ritardi di costruzione, poi sulla corretta realizzazione, mentre si dava per certo che la politica avrebbe ingerito nella gestione, piazzando i soliti ‘amici’. Poi accade (subito) che il Comune accusa di cattiva gestione quelli che, dunque (adesso è finalmente sotto gli occhi di tutti), non sono amici. A questo punto, ognuno si è sentito in diritto di dire la propria, spesso senza neppure sapere di cosa si parlasse, ma in fondo di capire a nessuno è mai importato davvero. In tanti sono venuti a trovarci per dirci: “avete ragione, è tutto sbagliato, ma io non posso…”, una vera presa in giro, specie quando detto da amministratori locali, mentre altri di loro mai si sono neppure degnati nonostante gli inviti.
Centinaia di frequentatori hanno firmato per noi e si sono costituiti in Comitato, mai ascoltato da nessuno. In fondo, questo ci ha dimostrato che “il coraggio di dare davvero il proprio contributo per trovare la strada della verità non può esserci se non si è disposti a crearsi inimicizie con qualcuno”. Infatti, l’unico che lo ha fatto, come amico o conoscente ma anche perché incaricato dalle società dell’ATI come professionista, è rimasto coinvolto in accuse e diffamazioni, pagando di persona solo per averci difeso e tutelato. È pure diventato capro espiatorio in veri e propri atti d’accusa del Comune, che la Procura ha già rimandato al mittente, ma ci ha trasmesso e continua a trasmetterci serenità sull'esito di tutto questo, come gli altri consulenti e avvocati di ATI Afrodite.
Nonostante tutto, siamo stati sempre soli. Noi che, nell'intento di crearci un futuro, ci siamo messi in gioco partecipando a un bando, vinto - con 100 punti su 100, perché in fondo le carte in regola non possono discutersi - e invece della zappa abbiamo trovato solo la mazza. Pur piegati a scavare con le mani pur di fare il nostro, sembra che nulla abbiamo fatto. Ci rimangono le parole, le lacrime e la soddisfazione dei giovani che siamo riusciti a portare in così breve tempo fino ai campionati nazionali o di chi ha semplicemente scoperto o potuto coltivare una passione. Tuttavia, non un giorno abbiamo lavorato senza controlli (tutti egregiamente superati) di ufficiali e ispettori perplessi (magari perché “alla terza chiamata” dal Comune). Non un giorno è passato senza combattere pubblicità scorretta e diffamatoria. Non un giorno ci è stata data la possibilità di esprimere completamente tutto il nostro potenziale.
Qualcuno col coltello dalla parte del manico e con una promessa da mantenere non ha mollato un attimo! Noi a lavorare per pagare un mutuo (che ancora pagheremo per anni!), senza aver mai potuto percepire il giusto (che sarebbe stato, per chiarezza, al massimo 700 euro al mese) a causa delle maggiori spese da cause legali (intentate contro di noi da quelli che erano stati esclusi dalla gara) o sostenute per malfunzionamenti vari, metano mai arrivato o pannelli fotovoltaici non funzionanti. Tutto denunciato col solo risultato di subire vergognosi controlli dal Comune o su richiesta di questo, da ultimo per calcare ai soffioni delle docce o ai cartellini dei lavoratori, che se fosse (e non è) avrebbero portato ad una multa da 100 euro e non alla revoca.
Avremmo dovuto capirlo subito che la parola ‘comunale’ era un campanello d’allarme, a ricordare come queste cose sono ‘normalmente’ organizzate. Semplicemente illusi. Oggi, col senno di poi e gli ulteriori esiti delle attuali perizie, riteniamo che il Consiglio di Stato (pur sulla base della programmata e decantata riapertura dell’impianto dopo una settimana, come da delibera comunale) ci abbia salvati da una situazione compromessa e una struttura che saremmo stati noi stessi a dover chiudere, una volta venuti ad ulteriore conoscenza di quello che, oggi, è finalmente pubblico. Siamo sereni che domani un tribunale ci restituirà quello che noi donammo a questa società. Semplicemente disillusi.
Infine, si è parlato tanto di struttura, lavori di costruzione e danni, come abbiamo fatto noi per anni, rimanendo inascoltati. Si provi, magari, anche a dar voce anche alle persone e alle loro vite, speranze, illusioni e disillusioni. Vite condotte in un luogo, Capaccio Paestum, dove anche i posti di lavoro, quando non sono delle ‘persone giuste’, danno fastidio e comunque non contano nulla e possono andare persi nell’indifferenza generale. Grazie.



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