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AVEVA 79 ANNI
AVEVA 79 ANNI
È morto Raffaele Cutolo: i 'legami' con Albanella e Capaccio del capo della NCO
Alfonso Stile
17 febbraio 2021 22:43
Eye
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PARMA. Dopo una lunga malattia, il noto boss napoletano Raffaele Cutolo (nella foto) è morto nel reparto sanitario del carcere di Parma, dove stava scontando l’ergastolo. Fondatore nonché capo assoluto della Nuova Camorra Organizzata, aveva 79 anni ed era il detenuto al 41bis più anziano d’Italia. Nell'ultimo periodo era stato più volte trasferito dal carcere al reparto ospedaliero presso l’ospedale Maggiore parmense. Nato ad Ottaviano (Na) il 4 novembre del 1941 e soprannominato ‘o Professore, autore e mandante di numerosi omicidi per affermare la propria egemonia sul territorio, non si è mai pentito della sua scelta di vita criminale, arrivando finanche ad intercedere per conto dello Stato, con le Brigate Rosse, per la liberazione dei democristiani Aldo Moro e Ciro Cirillo, entrambi sequestrati. All’apice del suo potere, strinse rapporti con la ‘ndrangheta e la Banda della Magliana, arrivando a trattare spartizioni ed affari con i vertici della mafia siciliana e newyorkese. Una storia di crimini e delitti, la sua, che ha ispirato il noto regista Giuseppe Tornatore nel suo film d’esordio, Il Camorrista (1986), che vede l’attore Ben Gazzara nei panni del sanguinario quanto carismatico leader della Nco.

Nel respingere l’ultima istanza di differimento della pena, avanzata di legali difensori per le sue condizioni di salute, il tribunale di Sorveglianza di Bologna aveva sottolineato, a giugno 2020, come il suo stato psico-fisico fosse compatibile con la detenzione, affermando: “Si può ritenere che la presenza di Raffaele Cutolo potrebbe rafforzare i gruppi criminali che si rifanno tuttora alla Nco, rispetto ai quali ha mantenuto pienamente il carisma; nonostante l'età e la perdurante detenzione, rappresenta tutt’oggi un 'simbolo' per tutti quei gruppi criminali che continuano a richiamarsi al suo nome”. Sul noto motore Google di Internet, alla voce “Raffaele”, Cutolo è da anni al primo posto. A lui sono dedicati numerosi video e social forum: è il boss più cliccato e ricercato della rete.

I ‘LEGAMI’ CON CAPACCIO PAESTUM, ALBANELLA E IL PROCURATORE GRECO - Capaccio Paestum ed Albanella hanno rappresentato due luoghi importanti nell’esistenza di Raffele Cutolo. Della città dei Templi, infatti, è originario uno dei fedelissimi dell’ex capo della NCO: è il pluripregiudicato Giovanni Marandino, alias Zì Ninuccio, nuovamente arrestato di recente dalla Squadra Mobile di Salerno. Condannato per associazione mafiosa, dal voluminoso fascicolo custodito presso la Stazione dell’Arma di Capaccio Scalo si evince la sentenza definitiva di condanna della Corte di Appello di Napoli datata 16 marzo 1982, che da quel momento marchierà l’appartenenza e militanza di Marandino alla Nuova Camorra Organizzata di Cutolo, del quale non svelerà mai alcun segreto pur essendo indicato, da molti, come suo cassiere ed uomo di assoluta fiducia. 

È nel territorio controllato dal fido Ninuccio, infatti, che lo stesso Cutolo trascorrerà addirittura la sua latitanza, nascosto in un vecchio casolare tra i boschi di Albanella, dove fu scovato il 15 maggio del 1979: ad arrestarlo furono oltre 100 uomini, tra carabinieri e reparti speciali. Ma nemmeno quando sono stati entrambi dietro le sbarre Marandino lo ha mai tradito.

A far parlare Cutolo, invano, ci provò anche un giovane magistrato salernitano, Alfredo Greco, l'unico con il quale il capo della Nco chiedeva di interloquire. Ma non si è mai pentito. Perché? Lo rivelò lo stesso boss in un’intervista che ha fatto epoca, decretando il suo declino: “Mi sono pentito davanti a Dio, ma non davanti agli uomini. La dignità è più forte della libertà, non si baratta con nessun privilegio. È da anni che i magistrati provano a convincermi. Nel ‘94 il procuratore Greco, per il quale ho molto rispetto, mi disse: starai in una villa con tua moglie. Rifiutai. E sono orgoglioso di aver sempre resistito alla tentazione. Penso che la legge sui pentiti sia un’offesa alla gente onesta e alle famiglie delle vittime”.



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