MONTECORICE. Tra i racconti dei più anziani e il suono degli antichi versi, le tradizioni legate alla commemorazione dei defunti tornano a vivere nei borghi del Cilento. È proprio qui, tra le valli e i sentieri ombreggiati, che sopravvivono le memorie di rituali tramandati di generazione in generazione, testimoni di una fede che abbracciava il mistero della morte con rispetto e familiarità. L’Associazione Euphòria di Cosentini di Montecorice sta cercando di ricostruire queste usanze ormai quasi dimenticate, ascoltando le storie di chi ancora ricorda il significato di antichi gesti e parole. Così, tra le testimonianze dei più anziani del luogo, emergono versi come: “Vi saluto, muorti santi / vi saluto tutti quanti / Vui ierave cum’a nnui / e nui ama esse cum’a bbui”.
Parole semplici, ma ricche di significato, che rappresentano l’antico vincolo tra vivi e defunti, riconoscendo nel loro destino un destino condiviso, un cammino inevitabile per tutti. In preparazione della commemorazione dei defunti, le comunità cilentane erano solite celebrare le novene dei Morti, una pratica religiosa che riuniva i fedeli nella settimana precedente alla festa di Ognissanti. Le novene si svolgevano spesso al mattino presto, quando il buio avvolgeva ancora i paesi, e ciascuno portava piccole offerte – grano, olio – come segno di devozione e protezione per le anime dei defunti.
Tra la notte di Ognissanti e il Giorno dei Morti, si racconta che avvenisse la processione dei Morti. I defunti, secondo la credenza popolare, percorrevano le vie dei paesi, e si diceva che chi si avventurava fino ai crocevia avrebbe potuto scorgere queste presenze eteree. Per l’occasione, si usava lasciare una candela accesa alla finestra, affinché i defunti potessero benedire la casa pronunciando: “Pozza sta casa sta sempe alluminata” – un augurio di luce e serenità. Se la casa restava buia, invece, si temeva che sarebbe rimasta così per sempre, senza la benedizione dei morti.
Accanto alla candela, spesso veniva lasciato un piatto con del pane o un bicchiere d’acqua con qualche goccia d’olio, un’offerta semplice ma carica di rispetto e affetto per chi aveva lasciato questo mondo. Non mancavano le storie sulla messa dei Morti, una messa misteriosa che i defunti celebravano di notte: chi vi assisteva, senza lasciare in tempo il luogo sacro, rischiava di rimanere intrappolato tra i morti. Queste tradizioni, tra devozione e folklore, sembrano rispondere a due bisogni universali: quello di ricordare chi non c’è più e quello di stabilire un confine tra la vita e la morte. I racconti e le antiche usanze cilentane ci ricordano che, nonostante il passare del tempo, esistono memorie e rituali che continuano a vivere, legando le comunità al loro passato. Grazie all’Associazione Euphòria e alla memoria degli anziani, queste tradizioni rivivono, sussurrando storie di rispetto, di legami e di eterna luce per le anime che hanno camminato su questa terra.