Giudiziaria
LA SENTENZA
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Cilento, furto di farmaci salvavita negli ospedali: assolti dopo 8 anni
Antonio Vuolo
13 novembre 2024 13:50
Eye
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CILENTO. Assolti “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di aver rubato cospicui quantitativi di farmaci salvavita, da diverse farmacie-magazzino presso i presidi ospedalieri e distretti sanitari di Vallo della Lucania, Agropoli, Capaccio Paestum, Roccadaspide e Sapri, per un valore di oltre 150mila euro.

Dopo 18 mesi agli arresti domiciliari ed 8 anni di udienze e processi, finisce l’incubo giudiziario per l’agropolese Fulvio Di Luccio e Pierangelo Liguori di Giungano: nel 2016, furono sottoposti a misura cautelare dai carabinieri della Compagnia di Vallo della Lucania, all’esito di un’indagine condotta dalla locale Procura innescata dalle numerose denunce di furto presentate dal personale dei presidi sanitari.

Di Luccio e Liguori furono condannati, in primo grado, rispettivamente a 7 e 6 anni di carcere. In Appello, le pene furono ridotte a 4 anni e 7 mesi e 4 anni. Ma nel 2022, in Cassazione, gli avvocati Leopoldo Catena (difensore di Di Luccio, subentrato dopo i primi due gradi di giudizio) e Giuseppe Scorza (difensore di Liguori) ottennero il rinvio degli atti alla Corte d’Appello di Napoli, che stamane ha assolto con formula piena di due imputati.

IL COMMENTO DELL'AVVOCATO LEOPOLDO CATENA - “La Corte d’Appello partenopea ha accolto in pieno la nostra tesi difensiva, riconoscendo che il procedimento era basato soltanto su un accertamento tipicamente indiziario, che parte da un’inferenza logica per arrivare a conclusioni assolutamente prive di riscontro probatorio - commenta a StileTV con soddisfazione l'avv. Leopoldo Catena (nella foto sotto) - infatti, l’art. 192 cpp recita che l’esistenza di un fatto può essere desunto da indizi solo qualora questi siano gravi, precisi e concordanti. La semplice collocazione dei soggetti nei luoghi dei delitti nello stesso arco temporale, desunta dall’acquisizione dei tabulati telefonici e dagli agganci delle celle telefoniche, non può assurgere a piena prova della responsabilità degli imputati. In questo modo, viene a vacillare il presupposto giuridico del tempus commissi delicti e del locus commissi delicti, ovverosia non si può sostenere, oltre ogni ragionevole dubbio, che i soggetti fossero effettivamente, nei luoghi dei comuni indicati, la notte dei furti”. In attesa del deposito delle motivazioni da parte della Cassazione, i legali non escludono di presentare richiesta di risarcimento danni per ingiusta detenzione.



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