VALLO DELLA LUCANIA. È durato circa 90 minuti ed è terminato intorno alle 11.30 di stamane l’interrogatorio di garanzia per la convalida del fermo di Kai Dausel, accusato dell’omicidio della compagna Silvia Nowak. L’uomo, difeso dall’avvocato Felice Carbone, ha respinto le accuse, ma non ha risposto a tutte le domande, nel carcere di Vallo della Lucania, davanti al procuratore capo facente funzioni Antonio Cantarella e al gip Rossella Setta. L’esito è previsto nel primo pomeriggio.
“Abbiamo chiesto di visionare le immagini di videosorveglianza - spiega Carbone - e verificare alcuni aspetto soprattutto nella parte in cui si parla di urla strazianti. Tracce ematiche? Ma guardi parliamo di una coppia che lavorava la terra e il giardino, e la traccia si trova vicino alla legnaia e alla motosega. Inoltre, avevano due cani lupo molto vivaci, ragion per cui è un altro elemento a nostro avviso da approfondire meglio”.
Secondo la tesi della Procura, l’uomo avrebbe ucciso la donna e poi distrutto parzialmente il cadavere con il fuoco. E a supportare la tesi ci sono le immagini delle telecamere di videosorveglianza di un vicino, fondamentali per le indagini che hanno portato al fermo di Kai Dausel. Le telecamere, secondo la tesi della Procura, ricostruiscono le ultime ore di vita di Silvia, a partire da ciò che accade tra le 16 e le 16.12, quando viene captato il secondo urlo. La signora Nowak viene ripresa mentre si dirige verso la strada principale con un guinzaglio e una ciotola, per poi sparire verso la pineta. Poco dopo, l'uomo viene visto uscire dall’abitazione, dirigendosi nella direzione opposta verso il bosco. È in questi momenti che vengono captate le urla strazianti. Secondo gli inquirenti, in questo breve arco temporale Kai avrebbe ucciso Silvia per poi tentare di bruciarne il corpo nel bosco. Successivamente, l'uomo viene nuovamente immortalato, questa volta già all’interno della proprietà, senza però essere stato ripreso nel compiere il tragitto precedente. È a petto nudo, come se si fosse disfatto degli indumenti indossati.
La Procura, che ha coordinato le indagini eseguite dai carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Agropoli e della stazione di Santa Maria di Castellabate, ipotizza che sia rientrato in casa passando da una recinzione laterale, e a supporto di questa tesi ci sono tracce ematiche della vittima trovate su un paletto di legno della recinzione esterna e repertate dai rilievi eseguiti dal Ris di Roma nei giorni successivi al tragico ritrovamento. Dopo l'omicidio, secondo l'accusa, l’uomo avrebbe simulato la scomparsa di Silvia, dando l’allarme a un vicino ristoratore.
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