CAPACCIO PAESTUM. Calunniò imprenditore: condannato anche in Appello il comandante della Polizia Municipale di Capaccio Paestum, il magg. Antonio Rinaldi, che appena il 7 novembre scorso era tornato a capo dei vigili urbani dopo 12 anni. Confermata anche in secondo grado, dunque, la pena a 2 anni di reclusione, con la sospensione condizionale oltre al pagamento delle spese processuali ed il risarcimento dei danni alla parte civile da liquidarsi in separata sede, comminata in primo grado dal giudice Viviana Centola della prima Sezione penale del Tribunale di Salerno (il pm inquirente aveva chiesto 1 anno e 4 mesi).
In sede di discussione dell'Appello, il procuratore generale (dott.ssa Tortorella) aveva chiesto la riforma della sentenza di primo grado "con formula piena perché il fatto non sussiste", ma non è bastato a Rinaldi per evitare la condanna bis. Si tratta di una vicenda che risale a 9 anni e 10 mesi fa circa, come spiega lo stesso magg. Rinaldi interpellato, al riguardo, da StileTV: “Il procedimento risale al 2016: sebbene sono stato assolto nel processo principale e pur trattandosi di un reato personale ovvero non ostativo allo svolgimento di un incarico nella pubblica amministrazione, preannuncio che già domani mattina presenterò lo stesso la mia volontaria richiesta di sospensione, dall’incarico di comandante della Polizia Municipale, al sindaco Gaetano Paolino”. In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, attesa entro 45 giorni, i legali difensori, gli avvocati Michele Sarno e Serena Landi, preannunciano ricorso nel merito in Cassazione.
LA VICENDA - I fatti contestati riguardano l’imprenditore capaccese Alberico Cafasso, difeso dall’avv. Michele Avallone, il quale denunciò ai carabinieri di aver ricevuto da Rinaldi, dopo un controllo nella sua azienda, una richiesta di danaro per “chiudere un occhio”, alla quale si oppose subendo poi, a suo dire, pedinamenti e velate minacce da agenti della Municipale e della Forestale. Vicenda mai riscontrata per la quale Rinaldi fu assolto con formula piena nel processo principale, querelando così Cafasso per calunnia affermando che dichiarò il falso ai magistrati, venendo però controquerelato d’ufficio, a sua volta, per lo stesso reato.