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GIOVANE GUINEANO
GIOVANE GUINEANO
Portici, quando il calcio diventa casa: la storia di Doyen
Comunicato Stampa
29 dicembre 2025 09:31
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PORTICI. Nel giorno del compleanno di Doyen, giovane guineano arrivato a Portici in cerca di salvezza, riaffiora una storia che parla di integrazione vera, di legami umani e di quella magia che lo sport — e in particolare il Calcio Napoli — sa creare oltre ogni confine.

Sono passati sette anni da quando Anna Schettini, insieme alla Cooperativa Sociale Shannara, accolse Doyen nella città di Portici. Un ragazzo solo, provato da un viaggio durissimo: la fuga dalla fame, l’attraversamento del deserto, l’arrivo in Italia senza punti di riferimento, né documenti, né certezze. Quando fu rintracciato dalla polizia, non ricordava nemmeno il proprio cognome. Disse di chiamarsi “Doyen di Portici”, perché quel nome lo aveva letto su un cartello stradale e lo aveva scelto come simbolo di rinascita, come se quella città fosse diventata, all’improvviso, una casa.

Nel racconto affidato ad Anna Schettini, Doyen parlò subito della sua più grande passione: il calcio. E di un sogno preciso, quasi ingenuo per la sua grandezza: incontrare Amadou Diawara, suo connazionale, che in quel periodo vestiva la maglia del Napoli. Un desiderio che, grazie a una rete di umanità e attenzione, non rimase solo tale.

Fu così che Pietro Cuomo, giovane porticese attivo nel sociale e autore di questo racconto, venne coinvolto in quella che sarebbe diventata una “piccola grande magia”. Accompagnare Doyen allo stadio San Paolo (oggi Maradona) per Napoli–Torino significò molto più che assistere a una partita. Il Napoli perse quel giorno, ma sugli spalti e nel post-partita si consumò una vittoria ben più importante: l’incontro tra Doyen e il suo idolo. Le lacrime del ragazzo, la maglia di Diawara tra le mani, lo sguardo incredulo di chi, per la prima volta dopo tanto dolore, vedeva un sogno diventare reale.

Oggi Doyen non vive più a Portici. Sta bene, vive nei pressi di Parigi e gioca nelle giovanili di una squadra di Ligue 1. Un percorso che racconta come l’accoglienza, quando è fatta con serietà, rispetto e fiducia, possa davvero cambiare il destino delle persone.

Il racconto di Pietro Cuomo — tifoso del Napoli e da sempre impegnato nella promozione di integrazione, inclusione e rispetto delle diversità — si chiude con una presa di posizione netta e necessaria. In un’epoca in cui il colore della pelle, l’orientamento sessuale, la fede calcistica o l’appartenenza territoriale diventano troppo spesso strumenti di divisione e propaganda, scegliere “l’altra parte” non è uno slogan, ma un atto quotidiano di responsabilità.

La storia di Doyen, di Anna Schettini e della Cooperativa Shannara è una storia locale, sì, ma parla a tutti. Perché dimostra che l’integrazione non è un limite, bensì una risorsa. E che, a volte, basta una maglia azzurra per sentirsi finalmente parte di qualcosa.



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