CAPACCIO PAESTUM. Processo clan Marandino. Sconto dei giudici della Corte d’Appello di Salerno nei confronti di Roberto Squecco, noto imprenditore capaccese che, in primo grado, era stato condannato a 6 anni e 4 mesi per estorsione. Reato che, nel corso del dibattimento, è stato ritenuto solo ‘tentato’ con la concessione delle attenuanti generiche, che hanno ridotto la pena a 1 anno e 10 mesi. Il caso riguarda la tentata estorsione nei confronti di un’agenzia funebre rivale, ma i legali di Squecco, gli avv. Mario Turi e Guglielmo Scarlato, preannunciano immediato ricorso in Cassazione in quanto, a loro avviso, si è trattato di esercizio arbitrario di un diritto di credito vantato da Squecco e, soprattutto, l’assoluta estraneità e appartenenza agli affari del clan.
Un business illecito di estorsioni ed usura per il quale i giudici della Corte d’Appello hanno confermato le condanne nei confronti di 6 imputati, con pene ridotte anche per loro, comminate nell'ambito dell'operazione 'Parmenide' condotta dalla Dda di Salerno ed eseguita dalla Squadra Mobile della locale questura: 2 anni e 8 mesi a Ciro Casella di Bellizzi e Vincenzo Senatore (alias ‘o presidente) di Roccadaspide; 3 anni e 8 mesi a Ettore Iovine di Salerno ed Enrico Bifulco di Napoli; 4 anni e 4 mesi a Francesco Adamo di Nocera (tutti delegati ad esercitare pressioni sugli imprenditori finiti nella rete del clan); 4 anni ad Antonio Cibelli di Capaccio, noto per la sua attività di sedicente ‘mago’, riconosciuto come il ‘braccio armato’ del boss cutoliano nel recupero dei soldi prestati a strozzo e delle tangenti.
Con le sentenze d’Appello si chiude per tutti il processo di secondo grado, mentre è in corso il dibattimento per gli altri imputati che scelsero, invece, il rito abbreviato, ovvero: l'ex boss Giovanni Marandino, suo figlio Emmanuell Marandino e Francesco Pingaro, tutti di Capaccio Paestum, e Nicola Battipaglia di Nocera Inferiore.