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CASO ALL’ATTENZIONE DEL MINISTERO DELLA SALUTE
CASO ALL’ATTENZIONE DEL MINISTERO DELLA SALUTE
Vallo, in tre uccisi da tumore dopo trapianto: donatore morì suicida, indagato primario
Alfonso Stile
13 aprile 2017 16:08
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VALLO DELLA LUCANIA. Ucciso da un tumore aggressivo dopo 6 mesi da un trapianto di rene. E come lui, muoiono di tumore, probabilmente dello stesso tipo, anche altri due pazienti che avevano ricevuto organi (pancreas e l’altro rene) dal medesimo donatore: si tratta di un uomo di Brescia, morto suicida, sui cui organi, però, non è mai stata eseguita la biopsia. Un caso unico, che ha coinvolto un paziente cilentano innescando un terremoto legislativo nazionale, con un noto primario indagato per omicidio colposo: una storia, quella del 63enne P.G. di Vallo della Lucania, dolorosa quanto inquietante, che dopo aver interessato ben due Procure del nord Italia è diventata oggetto di studio per medici specialisti e finito all’attenzione del Ministero della Salute, che finora, però, non si esprime sulla vicenda.

LA STORIA
P.G. era molto conosciuto a Vallo della Lucania. Nel 2005, inizia ad avere problemi ad un rene che lo costringono, gradualmente, alla dialisi. Nel 2008, decide di tentare il trapianto: la lista d’attesa è interminabile, ma dopo 4 anni arriva la tanto desiderata notizia: c’è un rene disponibile, potrebbe essere la fine di un calvario. A novembre del 2012, il 63enne si sottopone al trapianto, superando bene l’intervento chirurgico e, nei successivi 6 mesi, ritorna a vivere ed a coltivare passioni, hobby e a gestire l’impresa di famiglia.
Ma nel giugno del 2013, in occasione di una normale visita di controllo presso l’ospedale di Varese dov’era stato operato, le sue condizioni si aggravano inspiegabilmente e, purtroppo, non farà più ritorno nel suo Cilento. Morirà, infatti, un mese dopo.

LE INQUIETANTI SCOPERTE 
I familiari sporgono subito denuncia contro ignoti: qualcosa non quadra in quel decesso improvviso. E le scrupolose indagini difensive, curate dal legale di famiglia, l’avv. Riccardo Ruocco, in breve tempo iniziano a fornire i primi, scioccanti risultati. Innanzitutto, si scopre che P.G. non è morto per una crisi di rigetto (ipotesi iniziale dei sanitari) ma in seguito ad un tumore.
Nei mesi successivi, le indagini difensive del legale svelano altri tre agghiaccianti particolari, che amplificano stranezze e sospetti:
- il donatore del rene si era suicidato sparandosi alla testa;
- oltre a P.G., anche altri due pazienti, che avevano ricevuto organi dal medesimo donatore (fegato ed un altro rene), muoiono a soli 12 mesi dal trapianto;
- per tutti e tre, la causa della morte è un tumore.

LE INDAGINI
Le indagini iniziali vengono svolte dalla Procura di Varese, ma a seguito di numerose sollecitazioni del legale vallese, arriva la svolta. Da Varese vengono spostate a Mantova, luogo dove è avvenuto l’espianto degli organi da donare: la locale Procura, però, dopo una serie di acquisizioni tecniche, richiede l’archiviazione.
Ad avviso dell’avv. Ruocco, però, la richiesta di un esame istologico su alcuni organi del donatore viene incredibilmente ignorata dall’equipe, tant’è che si procede al prelievo degli organi secondo una procedura standard. Ma a seguito dell’opposizione all’archiviazione, il gip del Tribunale di Mantova ordina al pm di effettuare nuove indagini: l’unico indagato, al momento, è un noto primario del Mantovano, accusato di omicidio colposo di P.G. e delle altre due persone decedute dopo il trapianto di organi ricevuti dal medesimo donatore morto suicida.
Il gip vuole vederci chiaro ed ordina al pm di eseguire, entro sei mesi:
- l’acquisizione delle cartelle cliniche dei tre soggetti deceduti e del soggetto donante;
- la verifica dell’esame istologico richiesto, ma non eseguito;
- indagini tecniche e mediche specialistiche, per verificare la tipologia aggressiva del tumore, se è stato trasmesso ed è lo stesso che ha causato la morte dei tre pazienti, e soprattutto se, al momento dell’espianto degli organi, i medici sapevano o si erano accorti del tumore in corso.

DICHIARAZIONE DEL LEGALE
“È un caso di una complessità unica, ma l’ordinanza di riapertura delle indagini resa dal GIP di Mantova ci restituisce serenità e fiducia – spiega l’avv. Ruocco in esclusiva a StileTV - è noto che la materia dei trapianti è regolata da una normativa specifica e puntuale, che individua e ripartisce, tra soggetti altamente competenti, funzioni e responsabilità. Tuttavia, per quello che è accaduto in questo incredibile caso, delle due l’una: o la legge 91/99 contiene preoccupanti vuoti, che vanno colmanti con una urgente modifica legislativa o la morte del mio assistito e di altre due persone è stata cagionata da colpa grave di qualcuno che non si è accorto che il donatore aveva una patologia tumorale molto grave ed aggressiva in atto, che si è trasmessa dal donatore ai riceventi e, dunque, ci troviamo al cospetto di un caso di omicidio colposo. Il silenzio del Ministero della Salute e del Centro Nazionale Trapianti fa veramente male, uccide per la seconda volta”.



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