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L'INTERVISTA
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Paestum, maxi appalto ex Cirio: perplessità ed auspici del Gruppo di architetti capaccesi
Alfonso Stile
01 febbraio 2018 16:01
Eye
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CAPACCIO PAESTUM. Progettazione definitiva ed esecutiva delle opere di restauro e riallestimento del museo santuario di Santa Venera e dell’ex stabilimento Cirio, della nuova porta d’accesso al Parco e al Museo Archeologico Nazionale di Paestum. Dopo l’articolo pubblicato da StileTV in merito all’aggiudicazione dell’appalto allo studio associato ‘Guicciardini&Magni Architetti’ di Poggibonsi (SI), pubblichiamo la seguente intervista rilasciata, alla nostra redazione, dall’arch. Lucrezia Ricciardi, a capo dell'unico Gruppo associato di architetti capaccesi a partecipare all'appalto.

Arch. Ricciardi, sarà un noto gruppo toscano a progettare il maxi appalto dell’ex Cirio.
“Ebbene sì, lunedì scorso ci è stato comunicato che la gara, con un quasi ex-equo, è stata aggiudicata allo studio toscano “Guicciardini&Magni architetti associati”, che l’hanno spuntata su 37 gruppi. Gli architetti, ingegneri, archeologi e geologi riuniti in RTP a vario titolo coinvolti sono stati circa 350, tra questi anche noi, quelli più a sud di tutti gli altri, quelli che a Paestum e dintorni abitano e lavorano, ovvero: Gianni Sacco, Giuseppe Salviuolo, Sabrina Quaglia, Ermanno Pastorino, Petris Buccheri, Marco Capo, Annarita Esposito e poi Gian Carlo Garzoni, Marilena Sica, Marco Barletta, Antonio Salza, coordinati da me ed Enzo Cogliano”.

Quanto tenevate a quest’opera in quanto professionisti della zona?
“La posta in gioco era alta ed i requisiti per accedere a questa competizione lo erano altrettanto, con nessun docente universitario alle nostre spalle né società di ingegneria e/o consulting a darci manforte. A gareggiare contro queste ‘truppe cammellate’ siamo scesi in campo a mani nude animati solo dalla visione quasi tangibile di ciò che la ex-Cirio, per ragioni a lungo ponderate, poteva secondo noi diventare. Abbiamo investito prezioso tempo ed energia per partecipare a questa gara e se questo può consolare abbiamo avuto un buon punteggio di mezza classifica”.

Scusi, perché parla di ‘truppe cammellate’?
“Per quel che è dato sapere, i primi 10 classificati sono habitué della piattaforma Invitalia (l’organismo che ha gestito la procedura e che ha in mano la quasi totalità degli appalti provenienti dal Mibact, ndr) ed hanno tutti un buon portfolio lavori nell’ambito dei beni culturali e nell’ambito prevalente dei rispettivi territori di appartenenza. I ‘Guicciardini&Magni’ non fanno eccezione, hanno dato prova di buoni risultati con edifici di epoca medioevo-rinascimentale a Poggibonsi, Volterra, San Gimignano, Impruneta e dintorni”.

Dunque nutre perplessità sull’esito della gara?
“Sinceramente al direttore Zuchtriegel, committente diretto dell’opera, vorrei porre due domande. La prima riguarda la composizione della commissione di gara: mi chiedo, infatti, come mai nessun membro del Parco Archeologico di Paestum presenziasse a questa selezione. Nulla da eccepire sull’efficiente espletamento di gara dei tre commissari, ovvero due funzionari della soprintendenza di Venezia più una dipendente Invitalia nel ruolo di presidente, ma ho forti dubbi che questa commissione di gara conosca, in presa diretta, l’ex-fabbrica ed il suo contesto. A tal proposito sono certa che la nostra proposta progettuale, per i riferimenti circostanziati che conteneva, sarebbe stata più favorevolmente accolta da chi questi luoghi li conosce ‘da dentro’”.

Cosa prefigura la proposta che ha vinto?
“Non lo sappiamo. Bisognerebbe chiedere ‘accesso agli atti’ ad Invitalia-Roma o rivolgerci al committente dei lavori. Per brevità e per la grande stima che riponiamo nel direttore Zuchtriegel, confidiamo che sia lui a render note le 20 pagine della ‘relazione B’ di cui al disciplinare di gara, dove sono contenute le linee guida d’intervento. Le nostre vorremmo comunque sottoporle alla pubblica opinione, qualora a qualcuno interessassero”.

Gara a parte, cosa pensa della maxi opera destinata a diventare la nuova porta d’accesso al Parco Archeologico di Paestum?
“Progettare un nuovo polo museale in una fabbrica abbandonata lambita da prodigiose acque a pochi metri da due templi greci è probabilmente un sogno per molti architetti. Questo sogno sta per diventare realtà, tuttavia viene da chiedersi perché le archistar si siano defilate dal partecipare alla gara di appalto per la progettazione dell’ex-fabbrica Cirio a Paestum”.

E come mai, secondo Lei, le archistar hanno ignorato un’opera di tale risonanza?
“L’Italia, con la sua giungla legislativa, per i brand internazionali dell’architettura è off-limits e da Roma in giù l’appeal di gareggiare diventa pressappoco inesistente. Questa potrebbe essere una risposta.Vincenzo De Luca a Salerno ne ha fatto esperienza, le grandi firme dell’architettura non bastano a portare a casa il risultato: la cittadella giudiziaria e il Crescent, ad esempio, sono diventati cantieri-incubo per chi li ha progettati e per chi li commissionati. Sempre a Salerno, la splendida stazione marittima di Zaha Hadid, inaugurata da circa un anno, non è utilizzata e lascia molto a desiderare per imperizia costruttiva e qualità dei materiali impiegati. Lo stesso dicasi dell’auditorium di Niemeyer a Ravello”.

Ma se nemmeno la firma di archistar garantisce un ente pubblico, vuol dire che qualcosa nel sistema appalti italiano non funziona…
“La nostra è un’economia sostanzialmente depressa, azzoppata da carichi burocratici di ogni risma e da perniciose normative che non tutelano la qualità dell’architettura, perché consentono ribassi d’asta da capogiro - nonostante i continui aggiornamenti del 'codice appalti' di stabilire una semplice 'soglia' ancora non se ne parla - e poi intrigati subappalti. Tutto questo ed altro tiene lontane le archistar ed anche un lavoro prestigioso e stimolante, come questo di Paestum, passa in secondo piano rispetto all’elevato rischio d’impresa che presenta.
Il bello dei progetti di architettura è che poi li devi mettere in piedi e tutta la filiera la devi tenere sempre sotto controllo; ritengo che per il buon esito di un’opera, di base, serva l’amorevole cura e supervisione di un architetto-artigiano che conosca tutti i risvolti costruttivi dell’opera ideata e gli addentellati in cui l'opera si inserisce (materie prime-risorse locali-imprese-enti-ecc.). Buona regola, quindi, sarebbe che il progetto e la direzione dei lavori restassero in mano ad un unico soggetto, ma spesso così non è, di conseguenza più si moltiplicano gli attori e più aumentano lungaggini e contenziosi. Alla fin della fiera, alla comunità si consegna un’opera che arriva spesso già obsoleta e con i costi vivi della gestione che puntualmente deve essere ricalibrata allo stato reale ed effettivo dei luoghi”.

Crede che i tempi previsti per la realizzazione dell’opera saranno rispettati?
“Spero di veder prima possibile funzionare il FAMUP, e consentitemi di chiamarlo con questo acronimo che sta per ‘Fabrica Museo Paestum’. Come cittadina che abita a Santa Venere e poi come architetto, mi sta molto a cuore il destino di questo luogo e mi piace pensare che si ripeta la stessa magia che si è messa in moto quando ho progettato e diretto i lavori di Via Nettuno: circa due anni per progetto-procedura di esproprio-lavori e consegna dell’opera ed un dimezzamento dei costi inizialmente preventivati. Spero che una buona stella accompagni il cammino di quest’opera e che il nuovo contenitore museale di Paestum possa esprimere, in tempi ragionevoli, tutte le sue potenzialità aprendosi al territorio e ai turisti. In quanto cerniera urbana sarà punto di contatto vitale tra la città antica e la città contemporanea. Auguri al direttore Zuchtriegel, auguri al sindaco Palumbo e auguri a tutti noi”.



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