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IL RICORDO
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Capaccio Paestum, un anno fa l'addio a Franco Palumbo
Alfonso Stile
17 marzo 2020 22:30
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CAPACCIO PAESTUM. Un anno fa, l’addio a Franco Palumbo. Il 18 marzo del 2019, a soli 54 anni, l’ex sindaco di Giungano e Capaccio Paestum si arrendeva, con dignità e coraggio, ad un male incurabile: epilogo doloroso, per molti versi drammatico, di una parabola umana e politica che ha visto il Cavaliere cilentano lasciare il segno nelle comunità che ha guidato. 

L’INCREDIBILE IMPRESA NELLA CITTÀ DEI TEMPLI - Dopo aver amministrato la ‘sua’ Giungano per 13 anni, rendendola un gingillo, Palumbo si mette in testa di diventare sindaco di Capaccio Paestum, impresa impensabile e mai riuscita prima ad un forestiero. Appena un mese e mezzo prima delle elezioni annuncia la candidatura, intravedendo nella frattura fratricida tra Italo Voza e Franco Sica la speranza di fare breccia. Con lui, un manipolo di novelli ‘sconosciuti’, molti giovani, qualche deluso e lo stratega Nino Pagano per tentare una scalata immane: spodestare il primo cittadino uscente.

A Voza, infatti, era riuscito praticamente tutto: finire il mandato portando in dote il metano, la prima Bandiera Blu, il sintetico al “Vecchio”, la piscina Poseidone, un degno municipio, una scuola nuova al Rettifilo tirando fuori i bambini dai container, addirittura tre cupole nell’area archeologica… fino a scrivere la storia quando trasforma il comune in Città cambiandole perfino nome, per sempre, in Capaccio Paestum. Pure le liste 'parlano' chiaro: il Maresciallo appare praticamente da solo e gli avversari lo sottovalutano. Un errore che costerà caro, carissimo. 

Palumbo, grazie ad una serie di comizi velenosi, promette di abbattere l’establishment amministrativo locale cavalcando l’onda del cambiamento, inaugurando all’ombra dei Templi un'aggressiva campagna elettorale 3.0: mossa decisiva che trascina la bagarre politica sui social, terreno minato dove Voza e Sica si muovono maldestramente, opponendo solo uno snobbismo inerte. Così lo ‘straniero’ inizia a macinare consensi sfoderando un populismo tagliente: Voza si fa scudo con il simbolo del Pd e chiama a supporto pubblicamente i vertici del partito, compreso Franco Alfieri. 

Ma il ciclone Palumbo è inarrestabile: in un memorabile confronto in diretta tra i 6 candidati sindaci sul palco dell’hotel Ariston, organizzato da StileTV, tira fuori dal cilindro il famoso “superamento della legge 220 (del 1957) con la 221 (2015)”. Una ‘bojata pazzesca’ che, però, nessuno dei rivali smentisce. E così, rasentando il ridicolo, Palumbo finisce col fare un figurone determinante. E il 25 giugno del 2017 viene eletto sindaco, portato in trionfo dal ‘popolo’ di cui aveva invocato il riscatto. 

LA GEMMA, IL MALORE, IL RANCORE E IL CAPOLINEA - Forte di un consenso netto, l’era Palumbo inizia con il vento in poppa e un colpo da maestro: nella Giunta infatti incastona una gemma, Teresa Palmieri, imprenditrice e donna di livello assoluto che, da sola, dà lustro all’intera Amministrazione. Ma a soli 5 mesi dall’insediamento, accade l’inimmaginabile: il 21 novembre 2017, tutta la città è sotto choc. Palumbo accusa un malore durante un pubblico incontro sul Puc e finisce in ospedale. La diagnosi, terribile, segna l’inizio di un calvario che coinciderà, purtroppo, con un inesorabile declino politico. Mentre Franco inizia a non essere più lui, le troppe cambiali elettorali contratte per compiere l’impresa emergono con cinica fretta. La maggioranza si spacca scrivendo una pagina politica tra le più buie che i capaccesi ricordino, intrisa di accuse infamanti, aspre polemiche ed esposti in Procura, portata avanti a colpi di conferenze stampa ed interviste al vetriolo. Palumbo, forse per recuperare credibilità e mal consigliato, si lascia prendere così da un rancore che non gli appartiene. 

Il Linora Village, la chiusura a tutti i costi della piscina, la minaccia di ‘requisire’ il Nettuno e la conversione del municipio al Capoluogo in scuola (tramite appalto privo addirittura di copertura economica), oltre a dissanguare le casse comunali, d’improvviso assomigliano più a mere vendette che a scelte oculate. Intanto le sue condizioni di salute peggiorano e la lotta sull’appalto milionario di Via Magna Graecia diventa sanguinosa fino a segnare il capolinea: Palumbo viene sfiduciato il 24 dicembre del 2018 da 9 consiglieri comunali, 6 dei quali si erano candidati con lui. Distrutto, la vigilia di Natale, da chi lo aveva ‘creato’: “Soldi per la mia testa” griderà ai quattro venti, bollando i firmatari come “traditori del popolo”.

Sarà l’ultimo sussulto politico di un leone ferito. Il cancro, maledetto, avanza e gli concede giusto il tempo di abbracciare la neonata nipotina. È il suo sorriso ad alleviare gli ultimi giorni. Al capezzale accorrono in tanti, quelli che hanno tratto ispirazione dal Palumbo amministratore ed amico. Il ‘sindacone’ raggiunge la casa del Padre il giorno prima della festa del papà. Ai posteri il ricordo di un omone buono quanto caparbio, generoso quanto spocchioso. Ma, con tutti, sempre Franco.



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