AGROPOLI. Frode milionaria nella Formazione 4.0 scoperta dalla Guardia di Finanza di Agropoli. Tornano in libertà quattro dei nove indagati sottoposti a misure cautelari nell’ambito dell’operazione condotta, il 19 aprile scorso, dalle Fiamme Gialle agl’ordini del cap. Alessandro Brongo: tra questi anche l’ex consigliere comunale di minoranza e candidato sindaco, Massimo La Porta, ed uno dei presunti prestanome del ‘sistema’, l’unico ristretto presso la casa circondariale di Vallo della Lucania e poi scarcerato all’esito dell’interrogatorio di garanzia.
Dopo che il Riesame aveva rigettato tutti ricorsi ed appelli presentati dai legali difensori, questa mattina il gip Sergio Marotta del Tribunale di Vallo della Lucania, con apposita ordinanza ed il parere favorevole del pm Vincenzo Palumbo della locale Procura della Repubblica, ha disposto infatti la sostituzione degli arresti domiciliari con quella dell’obbligo di dimora nei comuni di rispettiva residenza, ritenendo “fortemente affievolite” le esigenze cautelari. Nel collegio difensivo anche gli avvocati Federico Conte, Giuseppe Saccone, Agostino De Caro, Carmine Vitagliano, Attilio Tajani e Nicola Bonora.
Dunque, nei prossimi mesi il gip dovrà decidere se archiviare la posizione o disporre il rinvio a giudizio per ciascun indagato nell’ambito dell’inchiesta, che ha coinvolto complessivamente 279 persone in tutta Italia. Nella maxi operazione dei finanzieri cilentani figura, come presunto dominus del sistema, il noto imprenditore Concordio Malandrino, già coinvolto in altre indagini penali per svariati reati di natura fiscale, tra cui quella inerente la gestione del locale dei vip Umamì sito nel porto turistico di Agropoli: al momento del blitz, non fu possibile notificare il provvedimento di carcerazione a suo carico in quanto residente all’estero, nella fattispecie a Dubai.
La Procura della Repubblica di Vallo della Lucania, che ha coordinato l’indagine, ha disposto il sequestro preventivo di circa 57 milioni di euro, corrispondenti all’illecito profitto. L’accusa è di aver messo in piedi un’associazione per delinquere finalizzata all’emissione di fatture false, indebita compensazione di crediti d’imposta e autoriciclaggio, avvalendosi di una cospicua rete di procacciatori. Con l'ausilio di delegati sindacali, inoltre, venivano redatti falsi contratti collettivi aziendali, utilizzando marche da bollo contraffatte, in modo da attestare artificiosamente i costi sostenuti dalle imprese.
I provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria sono basati su imputazioni provvisorie che dovranno comunque trovare riscontro negli eventuali gradi di giudizio: pertanto, per tutti gli indagati vige la presunzione d’innocenza fino a sentenza penale definitiva e irrevocabile.
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