Giudiziaria
ACCOLTO RICORSO DEI TITOLARI
ACCOLTO RICORSO DEI TITOLARI
Capaccio Paestum, caso resort: Comune annullò titolo edilizio un mese fa. Tar: "Troppo tardi, è valido"
Alfonso Stile
06 febbraio 2024 18:21
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CAPACCIO PAESTUM. Mentre i carabinieri apponevano i sigilli al resort ‘Giglio di Mare’ sulla costa di Capaccio Paestum, il Tar dava ragione alla società Giglio srl che gestisce la struttura sulla legittimità dei permessi a costruire rilasciati illo tempore dal Comune, che a metà gennaio aveva intanto revocato in autotutela quello principale: è accaduto tutto ieri, lunedì 5 febbraio, giorno del sequestro operato dalla Procura della Repubblica di Salerno nonché data della sentenza a firma dei giudici della seconda Sezione del tribunale amministrativo regionale. Mera o singolare coincidenza? Difficile a dirsi: di certo tutto ciò rende ancora più intricata l’intera vicenda, di per sé già complessa. Ma andiamo per ordine.

LA POSIZIONE DELLA PROCURA: È TUTTO ABUSIVO - Secondo l’ipotesi accusatoria prospettata dall’Autorità giudiziaria inquirente e supportata da apposita perizia tecnica, l’intero complesso turistico è stato realizzato abusivamente in area vincolata, sulla scorta di un illegittimo titolo edilizio rilasciato nel maggio 2019, dall’ente civico, in sanatoria delle preesistenti strutture edilizie dell’ex camping Hera Argiva che versavano in totale stato di degrado e abbandono. Non solo: per gli inquirenti sarebbe illegittimo anche il permesso a costruire per la realizzazione di lavori di ampliamento, riqualificazione e recupero delle strutture edilizie illecitamente sanate, rilasciato dal Comune nel marzo 2021. E ancora: il proprietario, sulla base di un nulla osta di fattibilità illecitamente rilasciato da funzionari regionali nel 2019, avrebbe abbattuto 1.500 pini in un’area di 18.000 mq per ampliare la strada d’accesso alla struttura e ricavare un parcheggio per i clienti. Infine, illeciti sarebbero anche ulteriori lavori per realizzare altri sei mini alloggi.

LA POSIZIONE DEL COMUNE: È TUTTO LEGITTIMO, ANZI NO - Dopo aver bandito con l’allora Amministrazione comunale Palumbo apposita gara pubblica nel 2018 per la “Locazione di valorizzazione dell’ex compendio Hera Argiva alla Laura” (aggiudicata alla Giglio srl che la spunta su altre 5 ditte impegnandosi a versare all’ente civico un canone di 40mila euro annui per 30 anni) e rilasciato i conseguenti atti di cui sopra, il Comune di Capaccio Paestum fa improvvisamente marcia indietro, l’11 gennaio 2024, annullando in autotutela il permesso a costruire del 2019.

Come mai, a distanza di oltre 5 anni, il responsabile dell’Area Urbanistica ha ‘ritirato’ il titolo edilizio? Perché, a seguito di approfondimenti sull’originaria licenza concessa nel 1968, il Comune aveva chiesto lumi alla Soprintendenza su quanto approvato all’epoca. E ad ottobre 2023, la Soprintendenza risponde trasmettendo all’ente copia della “documentazione conservata agli atti dell’Ufficio” con annessi “elaborati grafici che riportano il visto per approvazione della allora Soprintendenza ai Monumenti della Campania”. Nel riscontrare quanto ricevuto, il Comune di Capaccio Paestum rileva una “consistente difformità nella ricostruzione dello stato di fatto del blocco centrale dell’immobile fra i grafici trasmessi dalla Soprintendenza e quelli allegati alla richiesta di permesso di costruire”, ritenendo così necessario procedere all’annullamento, in autotutela, del titolo edilizio rilasciato alla Giglio srl.

LA POSIZIONE DELLA GIGLIO SRL: È TUTTO LEGITTIMO - Avvisata contestualmente dei riscontri in corso, la Giglio srl ricorre subito al Tar chiedendo l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento dell’11 gennaio 2024 con il quale il Comune ha annullato in autotutela il permesso a costruire del 2019, chiedendo l’abbreviazione dei termini di trattazione della domanda cautelare vista la delicatezza della questione.

Nel ricorso, i legali della Giglio srl contestano in primis “il rinvenimento di un grafico, in semplice fotocopia, non firmato dal Soprintendente, rappresentante la parte centrale del fabbricato di proprietà e riportante una lunghezza ridotta rispetto all’attualità, così come approvata e realizzata in coerenza della rappresentazione grafica allegata alla licenza edilizia”, adducendo che l’annullamento in autotutela “è intervenuto dopo oltre 4 anni dal rilascio del permesso a costruire e, quindi ben oltre un termine ragionevole e comunque non superiore a 12 mesi legalmente previsto” e contestando “il valore probante di fotocopie non firmate, i cui originali non sono stati rinvenuti, a scapito dei grafici firmati e vidimati allegati alla originaria licenza del 1968 e giacenti presso la casa comunale”. 

In sintesi, per la Giglio srl, oltre ad essere “impossibile acclarare con un livello accettabile di attendibilità l’asserita difformità tra il fabbricato attualmente esistente e quello che sarebbe stato approvato nel 1968 dalla Soprintendenza”, è tutto legittimo perché la procedura di gara svolta dal Comune e il lungo lasso di tempo trascorso “hanno creato un legittimo affidamento nella società ricorrente sulla legittimità degli immobili, affidamento ingenerato anche da comportamenti positivi reiterati dell’Amministrazione, come, ad esempio, il rilascio di successivi titoli edilizi, mai annullati”.

LA SENTENZA DEL TAR: LEGITTIMO O ILLEGITTIMO, È TARDI - A seguito della Camera di Consiglio tenutasi il 31 gennaio 2024, i giudici del Tar accolgono il ricorso della Giglio srl, ritenendolo manifestamente fondato perché “il termine decadenziale per l’esercizio dei poteri di autotutela di 12 mesi è pacificamente decorso”: pertanto “a nulla valgono in senso contrario le deduzioni dell’Amministrazione Comunale, secondo cui il dies a quo per la decorrenza del suddetto termine coinciderebbe con la conoscenza della documentazione in possesso della Soprintendenza (ottobre 2023) e della difformità della stessa rispetto a quella detenuta agli atti”.

I giudici, inoltre, confermano effettivamente che “la nota della Soprintendenza ai Monumenti della Campania del 7 marzo 1968 e l’allegata documentazione tecnica non recano alcuna sottoscrizione autografa, né alcuna attestazione di conformità ad un originale, del quale non v’è traccia agli atti della Soprintendenza che invece avrebbe dovuto possedere” e che la stessa nota “presenta una mera stampigliatura con dicitura” del firmatario mentre “i grafici, da cui si desumerebbe il falso, neppure quella”.

Inoltre, proprio il mancato rinvenimento dei documenti originali “non consente, allo stato, di attribuire maggiore attendibilità alle copie in possesso della Soprintendenza, rispetto ai grafici difformi allegati alla licenza del 1968, verosimilmente a suo tempo trasmessi dalla Soprintendenza di Napoli e giacenti presso la casa comunale; né, infine, può affermarsi che la società Giglio srl, al momento in cui presentò la domanda di rilascio del permesso di costruire nel 2019 (annullato in autotutela), conoscesse i documenti originali del 1968, li possedesse o avesse concorso a formarli, essendo pacifica la circostanza per cui la stessa detiene i beni solo dal 2018, allorquando è risultata aggiudicataria di una procedura di evidenza pubblica, indetta dal Comune di Capaccio Paestum per l’affidamento in locazione del presso turistico nella consistenza risultante dalla licenza edilizia del 1968, per altro tuttora valida ed efficace”.

Bisognerà capire ora se il Comune di Capaccio Paestum ricorrerà, o meno, al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar. La Giglio srl, intanto, ha preannunciato ricorso al Tribunale del Riesame in merito al sequestro penale subito ieri.



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